L'eroica resistenza degli altamurani al cardinale Ruffo
di Giuseppe Dambrosio
Il 10 maggio 1799 si concludeva l'esperienza della Repubblica altamurana iniziata il 1 gennaio dello stesso anno che aveva coinvolto una intera città di ben 17.000 abitanti. Tutte le classi sociali avevano dato il loro contributo alla costruzione di un modello di governo cittadino che si ispirava agli ideali della rivoluzione francese: la piccola borghesia molto attiva, i bracciali (i braccianti attuali) che versavano in condizioni di vita dignitose, il ceto medio (massari, bonatenenti, professionisti), la nobiltà altamurana non assenteista e dedita al commercio di cereali che prendevano la via di Napoli, il clero che si era schierato per la Repubblica. Altrettanto determinante fu l'entusiasmo degli studenti della fiorente Università degli Studi che, insieme ai loro docenti, di formazione laica, si sono battuti per un' Altamura libera e repubblicana.
Il 7 maggio 1799 da Matera il cardinale Ruffo scrive ad Acton: “Insomma, è questo uno di quei momenti molto critici. Io non ho elezione di parere, devo attaccare Altamura ad ogni modo, prenderla e presto, o perire. Se intanto questi eterni Moscoviti mettessero in terra una picciola quantità di truppa regolata, tutto sarebbe accomodato (…) Da Napoli ho avuto notizia che i giacobini nostri dicevano ai Francesi che li avevano compromessi e rovinati, giacché non avevano condotto che un pugno di gente incapace di sostenere il regno, nonché di occuparlo. Rispondevano i francesi che eglino i ribelli li avevano ingannati e sacrificati, poiché avevano supposto che tutti erano inclinatissimi alla ribellione e che questo erasi trovato onninamente falso. Ora quattro bombe ed il perdono generale farebbero l’affare. Sono pochi coloro che sentono la speranza di accomodare i guai loro, e scansare tutta questa serie di mali e di timori, abbiano tanta passione che non si pieghino all’ordine. Mi mancano gli aiuti e soprattutto i fucili” (Croce, pp. 170-1 “La riconquista del regno di Napoli nel 1799”, Laterza, Bari, 1943).
Il cardinale Ruffo conquista Altamura dopo due giorni di assedio.: “Il disegno di Ruffo era di penetrar nella Puglia. Altamura formava un ostacolo a questo disegno. Ruffo l’assedia; Altamura si difende. Per ritrovare esempi di difesa più ostinata, bisogna ricorrere ai tempi della storia antica. Ma Altamura non avea munizioni bastanti: a difendersi impiegarono i suoi abitanti i ferri delle loro case, le pietre, finanche la moneta convertirono in uso di mitraglia; ma finalmente dovettero cedere. Ruffo prese Altamura di assalto, giacché gli abitanti ricusarono sempre di capitolare; e, dove prima nelle altre sue vittorie avea usato apparente moderazione, in Altamura, sicuro già da tutte le parti, stanco di guadagnar gli animi che potea ormai vincere, volle dare un esempio di terrore. Il sacco di Altamura era stato promesso ai suoi soldati: la città fu abbandonata al loro furore; non fu perdonato né al sesso né all’età. Accresceva il furore dei soldati la nobile ostinazione degli abitanti, i quali, in faccia ad un nemico vincitore, col coltello alla gola, gridavano tuttavia: “Viva la Repubblica!”. Altamura non fu che un mucchio di ceneri e di cadaveri intrisi di sangue” (V. Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799”, Laterza, Bari, 1976, p. 183).
Il 10 maggio 1799 alle ore 19.00, il Cardinale Fabrizio Ruffo entra in Altamura. Nella notizia ministeriale che il Cardinale invia dal quartiere generale di Altamura il 16 maggio 1799 si legge "Altamura quella forte e ben munita città, che credendosi insuperabile aveva disprezzati gl'inviti di dover ritornare all'ubbidienza del Re; malgrado la sua ostinata resistenza, fu nel giorno di venerdì prossimo scorso dieci andante maggio, mercè il valore delle invincibili nostre truppe, presa per assalto, e saccheggiata".