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GOGNA ROSSA
Doversi dimettere per aver scritto che una donna con il pene non è una donna. Succede a Livorno. La versione di Simone Lenzi
di Simone Lenzi
Puppies Puppies (Jade Guanaro Kuriki – Olivo), Hannah Hofman in Gallery, Los Angeles
Ho ritrovato in un cassetto la mia spilletta da ragazzo: "The Age of Consent". L'età del consenso. Era quella dei diritti gay, cantati dai Bronski Beat. Perché ero un giovinetto libertario e sperimentale, tutto sommato l'analogo di quelli che adesso vanno in giro col capelli blu. Poi, certo, sono invecchiato, e col capelli blu a cinquantasei anni non mici vedo, ma continuo voler bene a chi sperimenta, a chi gode pienamente di tutto, nella piena liberta del corpo e dello spirito. La libertà, appunto. Guardo quella spilletta e penso che sono passati davvero troppi anni. E nel frattempo sono successe troppe cose. Intanto, nel frattempo, il progressismo è morto e sepolto, motivo per cui, se oggi sei un progressista e ti aggiri in un palazzo comunale amministrato dal centrosinistra, allora e probabile che tu sia uno zombie. Perché l'idea stessa che esistano principi universalistici in nome dei quali portare avanti battaglie che servano a tutti è morta e sepolta. Sono, in altre parole, uno di quegli zombie che pensa ancora che sia più importante pesarti il portafoglio prima di frugarti nelle mutande, nel senso che se poi non trovi un lavoro o paghi troppe tasse, l'unica cosa davvero fluida che puoi esprimere, alla fine della giostra, è una minestrina col dado.
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Reportage con testimonianze inattendibili
di Angelo Pannofino
La
La delegazione delle first lady dei capi di stato e di governo del G7 in visita ad Alberobello
durante l'ultimo summit, lo scorso luglio - FOTO ANSA
È con molta curiosità che questa estate sono tornato in Puglia per vedere cosa è rimasto sul bagnasciuga dopo la mareggiata del G7 in Valle d’Itria, valle in cui sono nato e cresciuto e dove, stando ai media, si sarebbe svolto il summit con i capi di stato e di governo dei sette Paesi più industrializzati al mondo, sei dei quali sono tornati a casa a capo chino, avendo constatato che saranno pure industrializzati ma, quanto a instagrammabilità, non c’è storia tra i loro tristi Paesi e le meraviglie della Valle d’Itria, la Shengri-Le pugliese, vallata immaginaria ferma agli anni Cinquanta, dove ci sono mozzarelle, masserie, friselle, focacce, ceramiche, artigiani, donne col fazzoletto in testa che fanno le orecchiette, trulli, luminarie, ulivi, pizzica o forse taranta e addirittura il mare.
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Solo favorendo il benessere reale delle persone si inverte la rotta dei consumi a tutti i costi
di Alessandro Tamburini
Le parole hanno una storia, e la Storia si comprende anche attraverso le parole, la loro fortuna o scomparsa. Negli anni ‘60 e ‘70 “consumismo” era parola ricorrente nel deplorare il fenomeno per cui attraverso l’induzione di falsi bisogni le persone erano spinte all’acquisto continuo di prodotti, anche per vantare l’avanzamento di status sociale che col loro possesso ritenevano di raggiungere. Non tutti i giovani contestatori di allora avevano letto Marcuse e Adorno, ma nelle loro biblioteche ancora tascabili non mancava "Avere o essere" di Erich Fromm, forte già nel titolo dell’antagonismo di valori e comportamenti che andavano cercando. Al possesso di beni materiali contrapponevano la crescita interiore, da perseguire con conoscenze, musica, viaggi. Attraverso incontri ed esperienze condivise come l’impegno sociale, con un’assunzione di responsabilità verso chi non riusciva a soddisfare nemmeno i propri bisogni primari, dalle classi meno abbienti alle aree povere del pianeta. E il consumismo era osteggiato anche in quanto portatore di disuguaglianze ulteriori.
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L'ipocrisia di condannare ogni violenza. Ma odiare il tuo nemico con tutto te stesso
di Walter Siti
Che la politica in Occidente si stia progressivamente polarizzando è conclamato, per non vederlo si dovrebbe essere ciechi. Le cause del fenomeno ormai tutti le snoccioliamo stancamente come grani di un rosario: 1) i social ci abituano a ritmi binari, pollice in su o in giù, ci inse-riscono in bolle anche a nostra insaputa, le echo chambers eccetera; 2) la divaricazione economica si fa sempre più ampia, l'ascensore di classe è bloccato, qualcuno si trova davanti un muro insormontabile e qualcun altro dal medesimo muro si sente difeso; 3) la domanda "che fare?" sempre più spesso sembra non avere risposte e la mancanza di vie d'uscita scatena la rabbia, hanno fatto esperimenti in questo senso sui topi; 4) la sinistra è stupita che i poveri non la votino più, vede minacce ovunque e si rimprovera di aver forse trascurato diritti sociali per evidenziare quelli civili, mentre la destra deve ancora smaltire un rancore pregresso che la attanaglia; 5) l'analfabetismo creato dall'eccesso di informazione ha coinvolto anche la democrazia in quanto istituto, il populismo e la disintermediazione portano a pensare che il rapporto tra maggioranza e opposizione sia solo un rapporto tra chi vince e chi, avendo perso, deve abbozzare; 6) quelli che la pensano diversamente da noi non sono considerati avversari con cui discutere, e sui quali (troppa fatica) dialetticamente prevalere, ma nemici da annientare; 7) spettacolarizzare la politica fa la gioia dei media e ne riempie i portafogli, i conduttori di talk sanno che i discorsi complicati, capaci di riconoscere le ragioni dell'altro, dopo un po' fanno morire di noia; 8) la presenza sempre più massiccia della religione nel conflitto politico (resurrezione di tempi andati, nulla scompare mai nella Storia) ha recuperato la terribile espressione "Dio lo vuole", declinata a seconda delle circostanze ("questa terra ce l'ha data Dio", "Allah è grande", "è stato Dio che mi ha salvato", o il dittatore di turno chiamato "un dono di Dio").
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11 luglio 1995. Ogni anno a Srebrenica, come l'anno scorso, come l'anno prossimo.
di Adriano Sofri
Non ho mai avuto voglia di deridere l'accordo di Dayton, novembre 1995, che mise fine alla guerra in Bosnia-Erzegovina. Non segnava l'avvento della pace, che non è venuta, "solo" la fine della guerra, che era durata quasi quattro anni. Sarajevo aveva superato il record di durata dell'assedio di una città in epoca moderna, che fino ad allora spettava all'assedio di Leningrado, durato 900 giorni fra il 1941 e il 1944, e restato incomparabile per il numero dei morti.
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L’EUROPA SIAMO NOI
di Giuseppe Dambrosio
L’8 e 9 giugno 2024 siamo chiamati a votare per la decima legislatura del parlamento europeo che sarà composto da 720 parlamentari . Questa scadenza elettorale può essere una opportunità importante per noi italiani, cittadini europei?
Partiamo da un dato fondamentale: l’Europa siamo noi, e non è una frase ad effetto o di circostanza, come si potrebbe pensare a primo acchito. Siamo noi che eleggiamo gli europarlamentari italiani; è il governo italiano che nomina il proprio rappresentante nella Commissione europea (una delle principali istituzioni dell’Unione europea e suo organo esecutivo), i nostri ministri che si occupano delle specifiche politiche di settore ed il presidente del consiglio fa parte di diritto del consiglio dei capi di governo.
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Chi vuole la pace non è un illuso è questa politica ad aver fallito
di Maurizio Maggiani
I padri costituenti hanno voluto dotarsi dell'arma più sofisticata: la diplomazia. L'Europa non ha saputo costruirla, oggi il riarmo è in atto e nessuno sa dare risposte
Un murale attribuito allo street artist Banksy
Vorrei raccontarvi di come ha avuto inizio la mia storia di pacifista, è una vecchia storia ed è cominciata con una canzone. Al Festival di Sanremo del 1965 fece grande successo un gruppo americano i New Christy Minstrels, si presero il primo posto assieme a Bobby Solo con la canzone Se piangi se ridi, e il secondo con Wilma Goich cantando Le colline sono in fiore, due canzoni che a un quattordicenne non dicevano niente, troppo sentimentalismo, troppa sdolcinatura.
Il leader dei Nuovi Menestrelli di Gesù era Barry Mc-Guire, che solo un anno dopo, quelli erano tempi che correvano molto in fretta, ebbe un successo mondiale con una canzone per niente romantica e men che meno sdolcinata, Eve of destruction, Vigilia della dístruzione. Era una canzone contro la guerra del Vietnam, contro il pericolo atomico e la guerra in generale, il ritornello faceva così, but you tell me over and over and over again my friend, ah, you don't believe we're on the eve of destruction? (n.d.r. "ma me lo dici ancora e ancora e ancora una volta amico mio, ah, non crederai che siamo alla vigilia della distruzione"). La canzone ebbe anche una cover italiana scritta da un menestrello militante, Pino Masi, e divenne buona nei cori durante le manifestazioni di protesta del '68, '69 a cui partecipavo attivamente, ed essendo proprio un bravo canterino, ero io a intonarla. Il ritornello era tradotto così, E allora dimmi cosa vuoi di più compagno per capire che è tornata l'ora del fucile?
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I Samaritani che ci obbligano a guardare l'orrore
di Domenico Quirico
Ogni volta, ogni volta che qualcuno di loro muore, ci ricordiamo di questa storia immensa. Sì. L'obbligo umanitario continua a incendiare alcune esistenze. I samaritani sono tutt'altro che dispersi e smarriti, sono creature assolutamente diverse in un mondo dove si punta sul tornaconto, sull'esito, il successo, la garanzia. Ogni volta è lo stesso turbamento (rimorso? Dubbio? Ipocrisia?) di fronte all'evidenza concreta fino al sacrificio di sé della ideologia umanitaria, volti, nomi, non sigle o acronimi. Noi che stiamo davanti al televisore per vedere; e nelle immagini invece coloro che hanno sagomato la loro vita su questa determinazione cogente, esser vicino all'uomo dovunque è vittima della natura ma soprattutto di altri uomini. Non esigono contropartite, sono spesso scudisciati da delusioni e amarezze, da raffiche feroci di obiezioni: perché siete lì voi, piagnucolio umanista? Di chi siete strumento occulto? L'ideologia vogliamo sapere. Avete fatto l'esame a quelli che aiutate per vedere se lo meritano?
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La Fine delle Certezze
di Sergio Labate*
Se dovessi spiegare a mio figlio il gigantesco inganno dell’abbraccio tra il moderatismo e la sinistra, non servirebbero astruse descrizioni teoriche.
Basterebbe la forza dell’esempio. Raccontargli ciò che noi abbiamo perduto e che lui non ha mai conosciuto, per mettere davanti ai suoi occhi la scena di una metamorfosi estrema che è l’esito beffardo del moderatismo. Da un lato un mondo smarrito e dall’altro un mondo inatteso (non solo nel senso che nessuno se l’aspettava ma anche nel senso che nessuno l’attendeva come una speranza). Al mondo smarrito appartenevano alcune certezze granitiche – dogmi di una fede secolare – che erano confermati e non smentiti da ciò che accadeva nella società: la fiducia nella Costituzione antifascista, la certezza che la forma pubblica della protezione sociale fosse un argine per i più vulnerabili, l’idea che la pace fosse un’eredità comune postbellica, la convinzione che la scuola servisse alla formazione di un cittadino e non di un lavoratore sottopagato, la scommessa sull’Europa come terreno di avanzamento dei diritti e non come esperienza della loro erosione, il principio per cui l’aumento delle diseguaglianze fosse un problema e non una risposta per le nostre società.
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In due anni quasi mille miliardi investiti nella produzione di armi
di Ilaria Solaini
L’appello dell’Alleanza globale delle banche valoriali al termine del vertice annuale: «La finanza non può sostenere l’industria militare, basta investire sulle guerre».
Oltre 959 miliardi di dollari sono stati utilizzati dalle istituzioni finanziarie nel mondo per sostenere la produzione e il commercio di armi. Più della metà dell’investimento totale nell’industria bellica arriva dagli Stati Uniti, mentre 79 miliardi provengono dai primi 10 investitori europei. E ancora, le 15 maggiori banche europee hanno investito in aziende produttrici di armi per un importo pari a 87,72 miliardi di euro.
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Fabio Perinei
Il sindaco e parlamentare della Murgia da conoscere e ricordare
di Giuseppe Dambrosio
Esattamente 15 anni fa, il 21 febbraio 2009, finiva prematuramente (a 64 anni) l’esperienza umana e politica di Fabio Perinei, un gigante della storia politica, sociale e culturale altamurana.
Nato in una famiglia del popolo - il padre, Giuseppe, era un noto fruttivendolo con un chiosco in piazza Castello e la mamma Lucia Marrocoli, casalinga - di cui andava orgoglioso, dopo una infanzia vissuta all’ombra della parrocchia di Santa Teresa: «Quell’edificio di culto cattolico era attaccato al carcere mandamentale a fianco del quale viveva la caserma dei carabinieri. Una sequenza significativa oggi per me. Chiesa, carcere, caserme, tre istituzioni di verse tra loro, uguali per la funzione esplicata: quella repressiva», frequenta elementari al “Garibaldi con il maestro Giovanni Plotino, padre di Vito Plotino che nel 1993 sarà sindaco di Altamura (il primo sindaco del MSI, Movimento sociale italiano, partito di ispirazione fascista) avversario politico tra i più pungenti col quale Fabio ingaggerà un animato scontro politico. Alla scuola media incontra la professoressa Angela Maggio che lo incoraggerà a proseguire gli studi al liceo classico per “la sua propensione per le materie umanistiche” assecondando le sue innate doti scrittorie. Al liceo ha la fortuna di incontrare due docenti che segneranno la sua formazione e lo apriranno alle tematiche sociali e politiche: il professor Ercole di Barletta e il professor Enzo Marchetti col quale avvia un proficuo confronto culturale e letterario. Alla fine del liceo conosce la Rosaria Brunetti, studentessa della scuola Magistrale di Matera che lo affiancherà e lo sosterrà tutta la vita: la ragazza “dai capelli lunghi e biondi”, così la definirà in un suo scritto.
La lezione poetica di Gianni Rodari, così Vanessa Roghi ha riscritto la storia della scuola italiana
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La lezione poetica di Rodari
di Christian Raimo
Chiunque oggi si occupi di scuola dovrebbe leggere Vanessa Roghi. In sette anni e sei libri — La lettera sovversiva. Da Don Milani e De Mauro, il potere delle parole (Laterza, 2017); Lezioni di fantastica. Storia di Gianni Rodari (Laterza, 2020); Voi siete il fuoco. Storie e storie della scuola (Einaudi ragazzi, 2021); Il passero coraggioso. «Cipì», Mario Lodi e la scuola democratica (Laterza, 2022); Il tirocinio della democrazia. Una genealogia per la scuola del presente (Erickson, 2023) e, da poco in libreria per Sellerio, Un libro d’oro e d’argento. Intorno alla «Grammatica della fantasia» di Gianni Rodari — ha in qualche modo riscritto la storia della scuola italiana, riuscendo a proporre una coerente prospettiva storiografica, ipotizzando anche un metodo molto fecondo per gli storici contemporaneisti e gli altri studiosi che si occupano di scuola.
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La classe politica oggi al governo non riconoscerà il contributo italiano e fascista allo sterminio degli ebrei. Meglio quindi che il ricordo dell'Olocausto sia lasciato a chi ha lutti da elaborare e morti da piangere
di Giovanni De Luna
Roma 16 ottobre 1943: il rastrellamento del ghetto ebraico
Il fatto che "il giorno della memoria” veda Giorgia Meloni rivestire la carica di Presidente del consiglio e Ignazio La Russa quella di presidente del Senato suscita qualche rimpianto e ripropone molti interrogativi. Il rimpianto è legato essenzialmente a quando, il 20 luglio del 2000, il nostro Parlamento votò la legge con la scelta del 27 gennao, data in cui le truppe sovietiche liberarono i deportati rinchiusi nel lager di Auschwitz. Nella discussione in aula fu avanzata una proposta alternativa, quella di privilegiare il 16 ottobre 1943, il giorno in cui furono razziati dalle SS gli ebrei che abitavano il ghetto di Roma: verso i campi di sterminio partì allora un triste convoglio di 1023 rastrellati. Soltanto 16 di loro sopravvissero. Qualcosa di analogo si era tentato anche in Francia, con la proposta di istituire come data della "giornata della memoria” quella del 16 luglio, per ricordare il grande rastrellamento in cui, nel 1942, la polizia francese arrestò 13.152 persone, in maggioranza ebrei, prima imprigionate nel Vélodrome d'Hiver e nel campo di internamento di Drancy, e successivamente trasportate con il treno ad auschwitz per essere sterminati.
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Ottant'anni fa i sette partigiani vennero rinchiusi nel carcere di Reggio Emilia e fucilati, Calvino omaggiò l'eccezionalità del loro sacrificio, simbolo di fratellanza universale
«Tutto quello che il popolo italiano espresse di meglio nella Resistenza, lotta contro la guerra, patriottisno, fratellanza internazionale, coraggio, amore della famiglia, e della Terra, tutto questo fu nel Cervi». Italo Calvino, nel novembre 1948, sulle pagine di Rinascita. E' la prima consacrazione del "mito" dei sette fratelli Cervi e del padre Alcide. La storia è nota. I Cervi sono una famiglia contadina emiliana, prima mezzadri, poi affittuari del podere dei Campi Rossi di Gattatico, tra Parma e Reggio Emilia: sette fratelli, due sorelle, i più grandi già sposati con prole, tutti insieme a condividere la grande cascina e la conduzione del campi; a guidarti il padre Alcide, che ha insegnato loro il coraggio, e la madre Genoeffa, che ha trasmesso l'intelligenza curiosa. I Cervi sono figli della terra, ma col gusto dello studio: leggono i romanzi di Tolstoj e di Hugo, si abbonano a riviste di agricoltura, nel 1939 acquistano un trattore Balilla e vi fissano sopra un mappamondo, per sottolineare la correlazione tra progresso e umanità.
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La felicità è un tema politico. Ecco perché può diventare una battaglia della sinistra
di Gabriele Segre
fondazione Vittorio Dan Segre
È compito della politica occuparsi della felicità? Sarebbe d’uopo chiederselo sfogliando le pagine del recente rapporto Censis sulla condizione sociale dell’Italia. L’istituto di ricerca ha parlato del «sonnambulismo» di cui sembrano affetti i cittadini del nostro paese, presentando dati che li ritraggono in larga misura «ciechi dinnanzi ai presagi», incapaci di reagire, delusi e impauriti. Stati d’animo che suggeriscono come gli italiani del 2023 non si sentano granché felici.
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Non esistono i maschi progressisti
di Francesco Piccolo
Ogni volta che mi chiedono di scrivere dei maschi, o se non ogni volta, molto spesso, succede che poi in coincidenza c’è un fatto di cronaca orribile che li (ci) riguarda; non mi chiedono di scrivere per quel fatto di cronaca, ma poi succede che le cose di cui voglio scrivere si devono confrontare con un atto agghiacciante. Questa volta, nella storia di Filippo Turetta e Giulia Cecchettin, c’era, per tanti motivi diversi, una relazione con la quotidianità, con la normalità, più visibile, più stretta; non so bene se perché è stata raccontata praticamente da subito, se perché era una situazione molto simile a tantissime altre che ci capitano intorno (e ai nostri figli); fatto sta che abbiamo sperato che finisse bene fino all’ultimo, anche quando ormai avevamo capito che finiva male.
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9 OTTOBRE 1963. Il crollo della diga causò 1910 morti. Le autorità avevano nascosto i rischi idrogeologici
di Mario Di Vito
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Della notte del disastro restano dei frammenti. Alle 22 e 39 di mercoledì 9 ottobre 1963 in televisione c’è una partita di coppa tra Real Madrid e Rangers di Glasgow, ma la corrente va via e l’intera valle del Vajont resta al buio. Comincia a tirare un vento umido, quasi bagnato. E in quattro minuti esatti succede tutto: 260 milioni di metri cubi di fango e pietre si stacca dal monte Toc creando un’onda alta 250 metri che si infrange sulla montagna opposta e fa tabula rasa di tutto quello trova nel mezzo: la parte bassa di Erto e Casso. Poi Longarone, Codissago, Castellavazzo e, alla fine di tutto, la valle del Piave.
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ESORTAZIONE APOSTOLICA
Laudate Deum
DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
A TUTTE LE PERSONE DI BUONA VOLONTÀ
SULLA CRISI CLIMATICA
1. “Lodate Dio per tutte le sue creature”. Questo è stato l’invito che San Francesco d’Assisi ha fatto con la sua vita, i suoi canti, i suoi gesti. In tal modo ha ripreso la proposta dei salmi della Bibbia e ha ripresentato la sensibilità di Gesù verso le creature del Padre suo: «Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro» (Mt 6,28-29). «Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio» (Lc 12,6). Come non ammirare questa tenerezza di Gesù per tutti coloro che ci accompagnano nel nostro cammino?
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Il pensiero
di Federico Vercellone
Gianni Vattimo è stato uno dei più grandi rappresentanti della filosofia europea di tradizione ermeneutica, che si rifaceva cioè alla moderna teoria dell'interpretazione. Era nato a Torino il 4 gennaio del 1936 e aveva compiuto quest'anno ottantasette anni.
Le sue opere sono tradotte, conosciute e discusse in tutto il mondo, in Europa come negli Ѕtati Uniti e in America Latina. Le sue carte sono custodite presso l'Università Pompeu Fabra di Вarcellona, nell'archivio creato e curato dal professor Ѕantiago Zabala.
Vattimo studia alla scuola di Luigi Pareyson insieme a Umberto Eco. Ѕi tratta di una scuola ricchissima di autori di primo piano che hanno dato un nuovo volto alla filosofia italiana nel mondo. Ѕi laurea in filosofia nel 1959 con una tesi su Il concetto di fare in Aristotele che uscirà poi per i tipi di Giappichelli. Negli anni cinquanta del secolo scorso lavora anche alla Rai per poi recarsi in Germania e studiare con alcuni dei massimi rappresentanti della filosofia dell'epoca, in particolare Hans-Georg Gadamer che, insieme a Luigi Pareyson, lo introduce nell'ermeneutica intesa come teoria dell'interpretazione e cioè nella filosofia intesa come teoria dell'interpretazione del mondo della quale Vattimo costituisce uno dei grandi maestri contemporanei.
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Martin Luther King: "I have a dream" (Io ho un sogno)
"Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!"
di Martin Luther King
Fonte: http://www.english-zone.com/holidays/mlk-dreami.html (con alcune modifiche)
Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull'Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi neri che erano stati bruciati sul fuoco dell'avida ingiustizia. Venne come un'alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività.
Ma cento anni dopo, il nero ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del nero è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il nero ancora vive su un'isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il nero langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra.
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6 agosto 1945 - 6 agosto 2023
Hiroshima e Nagasaki sono state le prime vittime della Guerra fredda
di Gabriele Rigano*
Per una tragica ironia della sorte il primo atto di quella che chiamiamo la Guerra fredda fu l’esplosione più devastante e arroventata mai provocata dall’uomo fino a quel momento: 8.000 gradi (per 1/10.000 di secondo la temperatura fu di 400.000 gradi) che il 6 agosto del 1945 incenerirono l’intera città di Hiroshima con i suoi abitanti. Uomini, donne, vecchi e bambini.
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I 50 anni della mensa bambini proletari di Napoli
di Domenico Sabino
Sono trascorsi 50 anni, quando il 9 marzo 1973 parte una vera e propria rivoluzione dal basso mai realizzata finora a Napoli, che porta alla nascita della «Mensa dei Bambini Proletari». È un progetto politico, sociale, pedagogico e culturale, che si basa sul volontariato e sulla sottoscrizione e che vede come artefici esponenti di Lotta Continua, cattolici del dissenso, intellettuali. La Mensa si trova nel quartiere storico di Montesanto, precisamente a vico Cappuccinelle n.13, un luogo che fino a quel momento fa paura ai bambini non appena i genitori lo nominano: «Si nun faje ’o bravo, ti rinchiudo alle Cappuccinelle».
Foto Peppe Avallone, una manifestazione
I locali, occupati dai militanti di Servire il Popolo, sono presi in affitto a 80 mila lire al mese. La struttura, che consta di 7 stanze e un giardino, oltre ad assicurare almeno un pasto al giorno spesso non solo ai bambini ma anche ai genitori, offre innanzitutto la possibilità di fare doposcuola, laboratori di teatro, pittura, fotografia, scrittura, giornalismo e musica. Le tecniche didattiche s’ispirano al pedagogista francese Célestin Freinet, al filosofo tedesco Walter Benjamin, alla scuola di don Lorenzo Milani, al metodo Montessori, ai gruppi MCE (Movimento di Cooperazione Educativa) e CEMEA (Centri d’Esercitazione ai Metodi dell’Educazione Attiva).
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ALEX
di Adriano Sofri
ALEXANDER LANGER nacque nel 1946 a Vipiteno, Alto Adige, che sono i nomi italiani di Sterzing, Sud Tirolo. Sua madre era erede di una dinastia di farmacisti del paese. Suo padre un medico viennese di origine ebraica. Negli anni della persecuzione si erano rifugiati in Toscana: scamparono a un'irruzione di fascisti, e riuscirono fortunosamente a riparare in Svizzera. Alexander fu il primo di tre fratelli. Negli anni di scuola, studente brillante, si fece cattolico "autodidatta". La sua era una famiglia prestigiosa, e Alex scelse di rendersene indipendente, rinunciando alla sua eredità, ma il legame fu sempre fortissimo. Quando Alex introdusse me e Randi, la mia compagna, a sua madre, nella casa avita di Sterzing, era emozionato come per una cerimonia. Prima, nelle cartoline spedite da Vipiteno (Alex era un leggendario scrittore di cartoline illustrate) i saluti materni erano firmati "Elisabeth"; dopo, "Lilli".
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Le celebrazioni di Mattarella per il centenario della nascita
Il successo tragico di don Milani Barbiana iniziò come una punizione
di Federico Ruzzi
storico
Se voi rinunciate alla carriera farete opere d'arte; se ogni momento non vorrete urtare né il
direttore del giornale, né il collega, né la potenza tale, né l'industria tale, né... né nulla, se non volete urtare nessuno, non vi riuscirà a fare un'opera che abbia la vivacità della nostra. Gran parte della vivacità della nostra è data dal fatto che ormai noi abbiamo belle e fatto carriera: una carriera che è finita molto in alto... a 500 metri»
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Un Paese ostile i giovani (anche sulla crisi climatica)
di Paolo Giordano
Se è vero che quasi la settanta per cento degli italiani è preoccupato per l'impatto dei cambiamenti climatici, e ne riconosce l'origine nelle attività umane, allora un passo avanti importante è stato fatto nella coscienza ambientale collettiva. La crisi climatica — che prima del 2018 (l'anno di Greta) non era un tema mainstream, e prima del 2015 (l'anno degli accordi di Parigi) non era quasi un tema — è finalmente diventata una rilevanza maggioritaria.
A Faenza si continua a spalare acqua, fango e detriti mentre aumentano i volontari giunti in aiuto (Keystone)
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Le coercizioni che ignoriamo
Il capitalismo ci lascia solo la libertà di non essere liberi
diFabrizio Sinisi *
Nelle nostre democrazie abbiamo ormai identificato ciò che è liberamente scelto con ciò che è giusto Senza riconoscere l'esistenza di relazioni di sfruttamento travestite da accordi tra soggetti consenzienti
Cosa accomuna il rider che sfreccia da un capo all'altro della città per portarci un hamburger prima che si freddi e un dipendente di un'agenzia di consulenza che passa 13 ore al giorno sei giorni su sette in ufficio? È semplice: entrambi lavorano per obiettivo. Una volta si sarebbe detto “a cottimo”: vengono retribuiti in proporzione alla quantità della prestazione fornita. Non solo, sono entrambe scelte consenzienti: nessuno li costringe a quei ritmi disumani; sono loro che “liberamente” lo scelgono. Sono, come si dice oggi, “i capi di sé stessi”. Potremmo dire, con un gergo vecchio ma sempre funzionale: hanno introiettato i loro padroni.Una coercizione che, se venissero loro inflitta da qualcun altro, non sarebbe consentita, ma che diventa legittima se viene inflitta a sé stessi. È il culmine della libertà individuale, questo, o il capolavoro del neocapitalismo? Siamo entrati nell'epoca dell'autosfruttamento?
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Da Gentile a Valditara, il liberalismo non fascista che tollera il fascismo
di Cristiano Raimo
La polemica con la Preside di Firenze
foto Italy 24 Press Italian
La storia si ripete tre volte: come tragedia, come farsa e come dichiarazione pubblica del ministro dell'Istruzione e del merito Giuseppe Valditara che ha replicato alla lettera ufficiale che la preside Annalisa Savino del liceo Leonardo Da Vinci di Firenze aveva scritto un commento dell'attacco squadrista di alcuni militanti di Azione studentesca (una sigla giovanile vicina a Fratelli d'Italia) contro studenti del liceo Michelangiolo, sempre a Firenze.
Lo scarto tra le parole della preside e quelle del ministro può essere colto tutto nell'antitesi di due idee di democrazia, due pensieri pedagogici, due retoriche.
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Il «giorno del ricordo» e la memoria corta degli italiani
di Enzo Collotti*
Loška Dolina, Slovenia meridionale, il 31 luglio 1942. Soldati italiani fucilano Franc Žnidaršič, Janez Kranjc, Franc Škerbec, Feliks Žnidaršič ed Edvard Škerbec, cinque abitanti del villaggio di Dane presi in ostaggio qualche giorno prima. Nell'Italia degli ultimi anni, un'interpretazione frettolosa e “capovolta” di questa foto ne ha innescato la proliferazione virale in rete e sui giornali, sino a farne l'illustrazione per eccellenza di articoli sulle foibe e le vittime italiane della “violenza slava ”. (Raccolta fotografica del Muzej novejše zgodovine Slovenije (Museo nazionale di storia contemporanea a Lubiana) - Numero d'archivio pl1818)
Si tace dell'occupazione della Jugoslavia e della sciagurata annessione della provincia di Lubiana al Regno d'Italia, e su rappresaglie e repressioni simili ai crimini nazisti
Non era difficile prevedere che collocare la Giornata del ricordo, per onorare le vittime delle foibe, a dieci-quindici giorni dal Giorno della memoria in ricordo della Shoah, avrebbe significato dare ai fascisti e ai postfascisti la possibilità di urlare la loro menzogna-verità per oscurare la risonanza dei crimini nazisti e fascisti e omologare in una indecente e impudica par condicio della storia tragedie incomparabili, che sono come unico denominatore comune l'appartenere tutte all'esplosione, sino allora inedita, di violenze e sopraffazioni che hanno fatto del secondo conflitto mondiale un vero e proprio mattatoio della storia.
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VERSO IL GIORNO DELLA MEMORIA
La narrazione pubblica italiana dimentica i deportati politici
di Dario Venegoni
presidente nazionale di Anad
Il Monumento al Deportato a Sesto San Giovanni (LaPresse)
Ci sono vittime del nazifascismo che non ci ricordiamo di commemorare ogni 27 gennaio: gli oltre 10mila italiani uccisi nei lager per il loro impegno politico sono scomodi per chi ancora oggi vuole assolvere Mussolini
Arriva il Giorno della memoria e già si alza il coro: non bisogna dimenticare! E invece si è già dimenticato da un pezzo. Gli oppositori politici, che costituivano la grande maggioranza delle vittime italiane dei lager nazisti, infatti, non trovano spazio alcuno nella narrazione pubblica: sono già dimenticati, anche dalle più alte cariche dello stato, che in occasione del 27 gennaio riservano la loro attenzione esclusivamente alla Shoah, lo sterminio degli ebrei.
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Verso la giornata della memoria
La deportazione dei bambini e la sopravvivenza
di Bruno Madia*
fotoWikipedia
Sono stati circa 900 i bambini dall'Italia tra il 1943 e il 1945, la gran parte ad Auschwitz La loro storia attraversa luoghi di internamento e transito creati dalla Repubblica sociale, prima di essere inviati nell'universo concentraziona rio nazista
Sono circa 900 i bambini e bambine ebrei deportati dall'Italia tra il 1943 e il 1945, la gran parte ad Auschwitz. La loro storia attraversa luoghi di internamento e transito creati dalla Repubblica sociale, prima di essere inviati nell'universo concentrazionario nazista. Uno di questi racconta una storia per molti versi esemplare di ciò che è stata la Shoah per l'infanzia. Tutti hanno sentito parlare, nei primi mesi del 2020, del paese di Vo' Euganeo, alcune migliaia di abitanti in provincia di Padova, dove è stato realizzato il primo studio scientifico sugli effetti del Covid da parte di un'équipe medica diretta da Andrea Crisanti . Mentre il New York Times racconta che l'Italia sta diventando un modello per lo studio del virus.
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