Sviluppo-Sottosviluppo
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Omologato, globale, tecnologico, il cibo ci sta mangiando la Terra
di Carlo Petrini
Prima è stato il turno dei combustibili fossili. Ora dei sistemi alimentari. Mi riferisco all'elefante nella stanza dei dibattiti sulla crisi climatica. Malgrado la cop28 abbia dedicato una giornata alla trasformazione dei sistemi alimentari, il tema non è poi entrato nell'accordo finale del vertice. Eppure la scienza è chiara: se non trasformiamo i sistemi alimentari, le emissioni a essi collegate (37 per cento del totale), da sole, causeranno il superamento di +1,5 gradi di temperatura, poco oltre il 2050. Possiamo azzardarci a dire che il cibo ci sta mangiando. Si tratta di un cibo omologato, globale e poco naturale che mangia l'ambiente, inquinandolo, i contadini, non riconoscendo un reddito adeguato e in certi casi rendendoli schiavi dell'agroindustria, e noi cittadini, facendoci ammalare.
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La questione meridionale non è solo un problema di divario tra nord e sud
di Emanuele Felice*
La questione meridionale è il più grande nodo irrisolto del nostro paese, ormai da centosessant’anni. È un problema di disuguaglianze fra nord e sud, certo. Ma spesso si tende a sottovalutare che è anche un problema di disuguaglianze dentro il Mezzogiorno, fra i cittadini meridionali. Sin dalle origini, quando non a caso si chiamava «questione sociale». Nel 1861, secondo le stime, il sud era solo un po’ più povero delcentro-nord (non ancora industrializzato). Fatta 100 la media italiana, nel Pil per abitante, il sud arrivava a 90. Tuttavia, il Mezzogiorno era molto più arretrato
in termini sociali: analfabetismo, livelli di mortalità, nutrizione, percentuale di persone sotto la soglia di povertà. Questo perchémolto maggiore era la disuguaglianza. La classe media, quella propriamente «borghese», era debole, subordinato a un ristretto ceto di possidenti che prosperava grazie alla rendita delle terre, coltivate dalle moltitudini di braccianti.
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Dentro la fiera delle falsità sui danni al clima
di Roberto Saviano
Si può negare tutto, si può negare anche qualcosa di evidente e di dimostrato, lo sappiamo. Si può negare l’evidenza di una pandemia, si possono negare le prove inconfutabili dell’esistenza delle mafie, si può persino arrivare a negare lo sterminio di milioni di persone. Se così non fosse, le teorie del complotto non avrebbero un così grande spazio. Tutto può essere negato, ma si può fare in maniera credibile? Si può negare la realtà con successo? I bugiardi del clima di Stella Levantesi, in uscita il 20 maggio per Laterza, dimostra che non solo si può fare con successo, ma che negare una realtà in maniera sistematica e attiva non è più solo un atto dl negazione, ma di negazionismo. Non si tratta solo del rifiuto di accettare, «il negazionismo è strategico, è intenzionale, è pubblico».
«Human Nature» (2008) del fotografo Lucas Foglia (1983)
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L'Italia senza Mezzogiorno sarà solo il sud della Baviera
di Enzo Ciconte
storico
Una suggestione. Nient'altro che una suggestione che vi voglio raccontare. In quest'ultimo periodo mi sto occupando del regno Lombardo Veneto. Gli occhi sono sulle pagine di libri che descrivono questa stagione della nostra storia; poi guardo i giornali e leggo i nomi dei ministri del governo Draghi. Confesso che, smarrito, mi sono chiesto: ma siamo tornati (o siamo ancora) al Lombardo Veneto? I ministri lombardo veneti sono un numero enorme, 12 su 23, oltre il 50 per cento, come mai era accaduto nella storia dell'Italia repubblicana. Una suggestione. Nient'altro che una suggestione. Ma poi ricordo che pochi giorni prima Dario Di Vico in un lungo articolo sul Corriere della Sera ha parlato di nord dicendo che il richiamo a quest'area del paese non è una «sorta di ideologia. Contiene invece un' attenta osservazione dei movimenti reali dell'economia›› e dei «processi di integrazione» con l'Europa. In tutte le righe, tante, non c'è neanche in un inciso la parola Mezzogiorno. Una suggestione. Nient'altro che una suggestione. Ma poi realizzo che trai ministri non c'è Peppe Provenzano, un giovane siciliano bravo, preparato, esperto della materia, che sa parlare delle cose che conosce, che aveva impostato, e in parte avviato una realizzazione, un buon lavoro per il Mezzogiorno di cui era il ministro (assieme alla coesione sociale, non a caso).
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Indagine sulle ragioni profonde del declino del Bel Paese
di Andrea Lorenzo Capussela
FOTO UNSPLASH
Una leonessa in gabbia, che rasenta le pareti cercando un varco. Così pare l’Italia, stretta dalla sua crisi e ansiosa di qualcuno che la salvi. Ora, improbabilmente, il demiurgo parrebbe essere Giuseppe Conte. Ma la lista è lunga, dalla cesura del 1992–94, se ai nomi scelti dal popolo sommiamo quelli osannati dall’opinione assennata (Antonio Di Pietro, Silvio Berlusconi, Mario Monti, Beppe Grillo, Matteo Renzi, Matteo Salvini). Il Covid-19, la stagnazione economica, e in politica il deserto delle idee e i barbari alle porte: queste le componenti della crisi italiana, che minaccia sia la sopravvivenza del fragile equilibrio sul quale viviamo sia la nostra prosperità futura.
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Il Sud, la pandemia e lo spirito del capitalismo italiano
di Veronica Pecile
Da quando esiste il progetto nazionale italiano, il Sud ha sempre rivestito il ruolo dell'Altro.
Foto: David Alfons
L'alterità mediterranea nei confronti del progredito Nord non è solo un ordine del discorso, ma anche un assetto materiale di disparità socio-economico prodotto e riprodotto in diversi momenti della storia nazionale: un'opposizione efficacemente riassunta nella formula di «orientalismo in un solo paese ». Il Sud come margine della modernità capitalista è stato creato e ricreato a ogni congiuntura storica di crisi - cioè un ogni momento di ristrutturazione del sistema capitalista su scala nazionale - da un intreccio semper rinnovato di regimi discorsivi, politiche pubbliche e rappresentazioni culturali cui utili intellettuali, classe politica, istituzioni e tutti quei soggetti che, per usare un vocabolario gramciano, creano egemonia, cioè un'organizzazione del consenso attraverso cui i dominanti esercitano un controllo culturale sui dominati.
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Cinquant'anni fa l'approvazione dello Statuto che sancì i diritti degli operai
di Guido Crainz
«La Costituzione entra in fabbrica»: nel maggio di cinquant'anni fa l'Avanti! commentò così, con molte ragioni, l'entrata in vigore dello Statuto dei diritti dei lavoratori. Era stato approvato in prima istanza al Senato nel dicembre del 1969, negli stessi giorni in cui si concludeva positivamente la grande e tesa ventata dell'"autunno caldo" (e contro di essa si profilava cupamente, a Piazza Fontana, la stagione delle stragi neofasciste e della "strategia della tensione").
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Orfeo che ricaccia i profughi all’inferno. E poi muore
di Raffaele K. Salinari
(foto: Alberta Aureli)
Il mito di Orfeo ed Euridice torna in tutta la sua drammatica attualità nelle vite dei profughi attanagliati nel gelo dell’inverno serbo. Narra la storia che il cantore della Tracia, capace di affascinare con la sua musica non solo gli umani ma di incantare financo piante e animali, chiedesse ad Ade, l’onnipotente signore degli Inferi, di concedergli la grazia di portare sua moglie Euridice fuori dalla notte eterna. Il suono della sua cetra bistonica, con la quale aveva annullato anche il canto delle Sirene durante l’avventura degli Argonauti, convinse il Principe degli Inferi che, però, pose una semplice condizione: Orfeo non doveva voltarsi a guardare Euridice prima che la sua risalita fosse compiuta.
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Perché i migranti sono la soluzione (non il problema) della crisi europea
di Guido Viale
Fermare il flusso dei profughi dall’Africa e dal Medioriente è impossibile. Durerà decenni. Forse è possibile contenerlo e renderlo in parte reversibile. Ma bisogna aggredirne le cause: guerre, cambiamenti climatici, rapina delle risorse, sfruttamento.Ci vogliono risorse ma i soldi sono ilmeno.
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Debito, la Grecia in vendita
di Marco Bersani
Se qualcuno avesse ancora dubbi sull’uso ideologico del debito come «shock» per procedere all’espropriazione di diritti e beni comuni, è ancora una volta la drammatica esperienza della Grecia a diradarli. Con 152 voti a favore e 141 contrari, lo scorso 27 settembre il Parlamento greco ha approvato le nuovemisure di austerità, proposte dal governo Tsipras per ottenere la nuova tranche di prestiti dalla Troika, finalizzata al pagamento del debito.
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Manca il lavoro? Giochiamoci su, tanto passa tutto.
di Aldo Nove
Com’è divertente la fine del lavoro retribuito, scientemente trasformato in un gioco (al massacro) dove tutti i parametri delle convenzioni sociali saltano! Lavorare gratis, in un’allucinazione collettiva che mescola volontariato e sfruttamento, tempo liberato e schiavismo, è l’ultima frontiera di un collasso ancor prima umano che economico, nel primato di un’economia sempre più fine a se stessa e ai suoi grigi ed efficienti sacerdoti. È recentemente uscito un volume collettaneo,Oltre il gioco – critica della ludicizzazione di massa, Edizione Unicopli, che contiene diversi, e tutti interessanti, contributi di Mathias Fuchs, Mark Nelson, Alberto Vanolo, Giuseppe Enrico Franchi, Paolo Ruffino e altri.
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Perché si chiude ai migranti?
di Alain Touraine
Èdifficile accogliere i migranti - anchese si tratta di rifugiati politici - protettidal diritto d’asilo quando la popolazioneche deve accoglierli si sente essastessa minacciata dall’assenza di capacitàd’azione del suo governo. Questo stallo è unproblema altrettanto reale, anzi forse più frequentedi quello dei Paesi disposti ad accettare i migranti ma trascinati dall’ossessione identitariadei loro dirigenti verso una chiusura comunitariadestinata a rinforzare l’omogeneità,spesso più immaginaria che reale, dellapropria cultura e società.
La prima forma di chiusura, che dipende dauna mancanza di fiducia in se stessi o, come nelcaso della Francia, da una mancanza di stimaper se stessi come nazione, è un effetto secondariodi un’incapacità più generale di certe societàdi trovare una via d’uscita dalle loro difficoltàinterne a a causa della loro fedeltà a unacerta immagine di sé o a un’ideologia politica.La scomparsa dei partiti comunisti non ha causato drammi maggiori perché è la scomparsa dell’Unione Sovietica, tra il 1989 e il 1991 che li ha liquidati. Ma l’agonia, o addirittura la morte, della social-democrazia è un fenomeno ben più importante e complesso, che crea un’enorme insicurezza. La decadenza è cominciata quando Tony Blair, primo ministro labour inglese, parlò di Terza Via (Third Way) che, come ci si accorse subito, in un mondo dominato dal capitalismo finanziario mondializzato, era molto più simile al capitalismo regnante che a qualsiasi forma di socialismo, ormai condannato dalla storia. Gerhard Schröder in Germania seguì l’esempio di Blair. Ma con una differenza importante:
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Denaro e Sterminio
di Giudo Viale
Stiamo varando e legittimando una politica di sterminio dei profughi che cercano una via di salvezza nei nostri paesi. Anche noi teniamo lontane quelle loro morti e ce ne accorgiamo solo quando “bucano lo schermo” per il loro numero. Ma intanto c’è, sia nelle istituzioni che nell’”arena” politica, chi le giustifica – e chi se ne fa un vanto – con motivazioni che ricordano il programma T4. Salvarli, con Mare Nostrum, costa troppo. Non possiamo permettercelo. Meno che mai può permetterselo l’Europa, alle prese con le strette di bilancio delle sue politiche. Al massimo si può finanziare un programma come Triton, che ha come scopo non salvare quei profughi, ma respingerli. In fondo al mare.
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Renzi il giardiniere
di Guido Viale
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La vecchia talpa torna a scavare
di Piero Bevilacqua
Sulla terra non si producono solo beni agricoli, ma si protegge e si rielabora il paesaggio, si cura il suolo, rigenerandone la fertilità: la fertilità, questo principio di vita e di riproduzione che si credeva risolto con la concimazione chimica e che oggi toma come necessità imperiosa sui suoli mineralizzati e isteriliti delle agricolture industriali.
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La sostenibilità è il nuovo paradigma
di Guido Viale
Bisogna rivedere alle radici gli assetti che ci hanno portato sull’orlo della catastrofe. La finanziarizzazione, da tutti individuata come causa principale della crisi (anche se i più affidano ad essa anche la ricerca delle soluzioni per uscirne) non è che il compimento parossistico di un processo iniziato oltre due secoli fa con quella che Karl Polanyi aveva chiamato «la grande trasformazione».
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Oltre 350 conflitti: i signori della guerra brindano
di Roberta Zunini
Dal 1967, il 1 gennaio è la Giornata Mondiale della Pace. Ma l’armonia e il dialogo si allontanano di anno in anno. Le ragioni sono essenzialmente tre: la corsa all’accaparramento delle risorse del pianeta, l’industria bellica, che rappresenta tuttora la voce principale dell’economia delle grandi potenze e, infine, il loro tentativo di mantenere inalterate le aree di influenza per continuare a esercitare il potere.
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Tutti i bambini che «tu» puoi salvare
di Peter Singer
Immaginate di passare davanti a uno stagno e vedere un bambino che sta per affogare; potreste salvarlo senza difficoltà, ma al prezzo di rovinare le vostre scarpe di lusso. Ora, tirare dritto lasciando che anneghi pur di non dover comprare un nuovo paio di scarpe sarebbe una cosa sbagliata, per non dire mostruosa: la vita di un bambino vale infinitamente di più di un paio di scarpe!
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«Vite buttate per 50 euro»
di Guido Ruotolo
La donna piegata dal dolore abbraccia i suoi due figli. Li tiene bene stretti al petto. Quasi a voler comprimere la sofferenza, a voler fare implodere la rabbia. Lei è una nuova vedova del lavoro. Fino a quando dovremo continuare a indignarci per le vittime di mafia, di sanità, e anche di lavoro? Scoppia di lacrime la povera Lina, l’orfana ormai di Giuseppe Cecere: «Solo tre giorni di ferie gli hanno fatto fare e poi l’hanno richiamato... Mio padre era un muratore che con quel lavoro non c’entrava nulla... Soffriva di mal di schiena, si faceva le punture. Voglio giustizia...»
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Se il progresso non garantisce più un mondo migliore
di Chris Patten*
Agosto, mese di vacanze in Europa, non è il momento giusto per fare seriamente politica. E’ sottinteso che, mentre l’Europa riposa, il mondo e le sue preoccupazioni sono chiusi. Di solito io passo questo mese con la mia famiglia nell’antico cascinale che abbiamo ristrutturato nel Sud-Ovest della Francia. E’ campagna profonda. Sto scrivendo nel mio orto, sotto un bersò di uva, a Ovest vedo colline coperte di boschi e nessuna costruzione. Nel nostro piccolo villaggio ci sono una fattoria, un paio di case da vacanza e le rovine di altre sette o otto abitazioni. Un secolo fa questa era una comunità di più di cinquanta persone. Oggi ci sono due residenti fissi, il contadino e la sua vecchia madre. Tutti gli altri sono persone in vacanza.
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Case inghiottite dal fango, morti, devastazione: E ora l'ombra degli estremisti islamici. Viaggio nell'epicentro della grande inondazione
di ÁNGELES ESPINOSA
ADAM ZAI (Pakistan)
È difficile immaginare che qui c´era mezzo centinaio di case. I loro muri di mattoni crollati si confondono con il fango lasciato dalle inondazioni che si sono abbattute sul Pakistan nelle ultime tre settimane. Come migliaia di paesi lungo l´alveo dell´Indo e dei suoi affluenti, gli abitanti di Adam Zai si sono rifugiati sotto tende da campo improvvisate e teli di plastica vicino alla strada. Hanno perso tutto: utensili, bestiame, raccolto. Solo la fiducia in Dio sembra sostenere la loro speranza di fronte alla lentezza della risposta ufficiale e degli aiuti internazionali alla catastrofe. Ora si teme che, con le malattie per mancanza di acqua potabile e di servizi sanitari, si diffonda anche il virus del radicalismo religioso. Gli islamisti si stanno affrettando a svolgere il ruolo che spetterebbe allo Stato.
«Non abbiamo ricevuto niente dal governo. Nessuno è venuto a interessarsi della nostra situazione», assicura Hayi Banaras Khan, potente uomo d´affari locale davanti a quel che rimane del suo autosalone. Adam Zai non è in una di quelle remote zone di montagna rimaste isolate e a cui si può accedere solo con l´elicottero. Il villaggio si trova a due ore da Islamabad, sulla strada di Peshawar nota come Grand Trunk Road, uno degli assi di comunicazione del subcontinente indiano.
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Strage di bambini in Nigeria uccisi dagli scarti della miniera d´oro
di Cristina Nadotti
Terreni e fiumi sono invasi dal piombo, il governo ha chiesto aiuto all´Oms e alle ong
Una strage di bambini, ancora una volta causata dalle grandi ricchezze minerarie della Nigeria e dal tentativo dei più poveri di goderne come le multinazionali. Il ministero della Salute nigeriano ha ammesso ieri che da marzo almeno 163 persone sono morte per avvelenamento da piombo e tra queste almeno 111 sono bambini, la maggior parte sotto i quattro anni. La strage è avvenuta nella zona mineraria a Nord del Paese, nello stato di Zamfara, dove soltanto dieci giorni fa il presidente federale Goodluck Jonathan ha inaugurato un nuovo impianto di estrazione dichiarando di voler attirare investimenti stranieri.
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Chi ruba la terra e il cibo ai contadini d’Africa
Gli investitori stranieri portano l´agroindustria: quando i terreni si impoveriscono se ne vanno da un´altra parte. Nel 1960 i paesi africani producevano per consumo domestico ed esportazioni. Oggi importano.
di Carlo Petrini
Nel mese di agosto del 2009 il re saudita Abdullah ha festeggiato il primo raccolto di riso realizzato in Etiopia. E al riso seguiranno orzo e grano. Cresciuta in mezzo al deserto come tutti gli Stati del Golfo, l´Arabia Saudita ha scelto di risolvere il problema del cibo accaparrandosi terre coltivabili sull´altra sponda del Mar Rosso, nel Corno d´Africa: in Paesi come l´Etiopia, con 10 milioni di affamati, o come il Sudan, che non riesce a uscire dall´immensa tragedia del Darfur.
È un fenomeno nuovo (iniziato circa 15 mesi fa) e ancora poco studiato (anche perché la maggior parte degli accordi è segreta): è il diabolico furto di terra e cibo al continente più affamato e povero del mondo.
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Sono agghiaccianti i dati dell’Unicef relativi alla malnutrizione.
Circa 200 milioni di bambini sotto i cinque anni (1/3 dei bambini che vivono nei paesi in via di sviluppo) sono rachitici.
Più del 90% dei bambini denutriti dei paesi in via di sviluppo vivono in Africa e in Asia. In soli 24 Stati si concentra oltre l'80% dei casi di denutrizione cronica.