A 50 anni dalla morte di Jan Palach
Il 16 gennaio 1969 nella centrale piazza San Venceslao, a Praga, un giovane studente di Filosofia, Jan Palach, in segno di protesta per l'occupazione sovietica, si cosparse di benzina e si diede fuoco
Robero Candini
A Sua Memoria
«Mi è capitato di visitare Praga subito dopo l’autoimmolazione di Jan Palach, un atto estremamente complesso di affermazione e disperazione. Ricordo che i cechi mi chiesero se pensavo che avesse fatto qualcosa di utile, o se fosse solo un altro gesto futile, forse persino un’esplosione di egoismo destinato a precipitare nel fondo della memoria della nostra epoca. Alla luce delle soffe-renze di Palach, all’epoca era impossibile negarne la sua sublimità, ma col passare degli anni l’utilità politica della sua azione ha cessato di essere il punto, almeno per me. Quello che divenne molto più importante fu la manifesta autenti-cità della sua identità umana espressa nel suo sacrificio. Quale altra creatura sulla terra avrebbe potuto immaginare da sé la bellezza di un futuro di libertà e giustizia fino al punto dell’autoim-molazione per la sua causa? Nello sbuffo di fumo che per un breve istante si disperse sulla sua bella città, c’era un monumento molto più solido della pietra o dell’acciaio, incommensurabil-mente più duraturo, perché l’uomo è nato per la libertà. È il suo diritto alla nascita, alla vita e alla morte».
Arthur Miller