il Professore e l'Architetto

di Goffredo Fofi

 articolo Fofi

Nel giugno di cento anni fa nasceva Danilo Dolci, morto a Trappeto (Palermo) nel 1997. Molte le manifestazioni, in particolare siciliane, che lo ricordano, e anche qualche pubblicazione, la più insolita delle quali è il carteggio tra Dolci e un meridionalista di grande valore come Tommaso Fiore. Tra Sicilia e Puglie.

Se dobbiamo a Dolci “Banditi a Partinico” e “Inchiesta a Palermo” - oltre a tante iniziative sociali e a tante poesie - dobbiamo a Fiore un'intensa attività pubblicistica e politica, da egregio rappresentante di una «terza forza» pugliese di cui, con la sua giovanile collaborazione alle riviste torinesi di Gobetti di cui fanno fede le “Lettere pugliesi” a Piero Gobetti. Mentre della sua attività di instancabile «meridionalista» va ricordato almeno, un forte esempio dell'attenzione e passione riservata alle sue Puglie, il viaggio-inchiesta esemplare che volle intitolare “Il cafone all'inferno”, pubblicato da Laterza nel lontano 1955.

Ho conosciuto assai bene Dolci e quasi per caso Fiore, quando venne a Torino al Centro Gobetti dove lavoravo e lo accompagnai a visitare nel padiglione lucano di Italia '61, il grande affresco di Carlo Levi ora a Matera, a Palazzo Lanfranchi. Sapevo appena che Fiore e Dolci fossero stati in corrispondenza, e ho letto con una sorta di partecipazione tanto affettiva quanto sociale le loro lettere, raccolte a cura di Giuseppe D'Ambrosio in “Il Professore e l'Architetto”. Carteggio 1953-1970, edito dalla nostra amata napoletana Libreria Dante & Descartes, corredato da un attento saggio di Giuseppe Barone, e arricchito dalle testimonianze di una figlia di Fiore e di un figlio di Danilo, oggi ben più che maggiorenni... Poiché un giorno (del 1956 o '57) Dolci mi impose di bruciare tutta la sua corrispondenza, penso che Fiore mantenesse, all'uso di un tempo e di persone accorte, le minute delle sue lettere, permettendoci oggi di confrontare il modo come «il Professore» e «l'Architetto» seguivano l'attività l'uno dell'altro e ragionavano sul loro tempo.

Seguire i loro ragionamenti può essere utile a molti storici, ma soprattutto a molti, come si dice oggi, «attivisti», a molti militanti del sociale. Molte cose possono sembrare ancora attuali, mentre rischia di sembrarlo di meno la combinazione, diciamo così, di teoria e pratica, tra l'intelligenza e studio del Sud e dell'epoca e la passione civile. Sarebbe bello che qualche giovane, in particolare meridionale, scoprisse questo libro e ne derivasse spunti e «quadro» per la sua azione. I tempi sono molto cambiati, ma per affrontarli degnamente gli esempi del passato più aperti al futuro hanno molto da insegnare. I dilemmi di contenuti e di metodo restano in buona parte gli stessi, quelli teorici come quelli pratici.Corriere del Mezzogiorno Campania, 23 marzo 2025