Le bombe di Piazza Fontana
In pieno rigurgito fascista, sdoganato dai media e dai social, ricordare la strage di Milano del 12 dicembre1969 è importante. L’unico antidoto per sbarrare la strada a qualsiasi forma di fascismo è conoscere la Storia.
Dall’aprile del 1979 si susseguono in Italia una serie di attentati che preparano la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre del 1969. Diversi gruppi che fanno riferimento la fascismo, per contrastare l'aria di rinnovamento che si respira nella società (i nuovi movimenti studenteschi), decidono che è giunto il momento di entrare in azione. In diversi incontri, funzionari dello stato, ufficiali dell'esercito e dei servizi segreti, stabiliscono un piano: “scioccare” l'Italia con una serie di attentati. La colpa deve essere addossata alla “sinistra”.
Ormai è accertato, come afferma Enrico Deaglio nella ultima fatica (Patria 1967-1977), “[…] gli organi preposti alla sicurezza sanno che gli attentati sono di marca fascista (gli esecutori sono infatti in stretto contatto con loro) ma nello stesso tempo indirizzano le indagini sugli anarchici e costruiscono i futuri colpevoli delle bombe del 12 dicembre nelle persone dell’editore Feltrinelli, dell’anarchico Pinelli e del ballerino Valpreda. Sia la protezione dei fascisti sia la costruzione dei falsi colpevoli vengono attuate con grande professionalità. E lo stesso accadrà in molti altri episodi della storia patria, contribuendo a creare una vera e propria specificità italiana”.
Così i giudici della Corte d’Assise di Cantanzaro, nella sentenza del 23 febbraio 1979 descrissero lo scenario di quella sera. Era dalla fine della Seconda Guerra Mondiale che non accadeva un simile massacro di cittadini inermi.
“Erano le 16,30 circa del 12 dicembre 1969. Nel salone centrale della Banca nazionale dell’Agricoltura di Milano si stavano svolgendo per antica consuetudine le contrattazioni dei fittavoli, dei coltivatori diretti e dei vari imprenditori agricoli ivi convenuti dalla provincia per discutere i loro affari commerciali e attendere al compimento delle operazioni bancarie presso gli sportelli, allorché vi echeggiava il fragore dell’esplosione di un ordigno di elevata potenza.
Ai primi accorsi da piazza Fontana, che dà accesso al salone, l’interno della Banca offriva subito dopo un raccapricciante spettacolo: sul pavimento del salone che recava al centro un ampio squarcio, giacevano, fra calcinacci e resti di suppellettili, vari corpi senza vita e orrendamente mutilati, mentre persone sanguinanti urlavano il loro terrore […]. Quattordici erano i morti (aumentati a sedici entro il 2 gennaio con il decesso dei feriti Scaglia e Galatioto Calogero, morti per le gravi ferite riportate […]. Gravemente feriti restavano all’interno della sede bancaria altri quarantacinque clienti.
Vari feriti contava anche il personale della banca: tredici elementi che lavoravano al pianterreno nel salone; quattordici al primo piano, cinque al secondo piano; uno al terzo.
Gli effetti dell’esplosione riguardavano anche l’esterno dell’edificio. Riportavano, infatti, lesioni personali sette persone che si trovavano sul marciapiede di Piazza Fontana e due persone nell’interno del ristorante L’Angelo sito dietro l’edificio bancario”.
A cura di Giuseppe Dambrosio