Il testamento del Gallo
"Il gusto della libertà"
Ad un mese della morte pubblichiamo il testo inedito di don Andrea: "Restiamo umani, il progetto di una comunità che ponga al centro l'umanità di ogni persona" continua con i ragazzi di San Benedetto al porto di Genova
Sin dall’inizio della nostra esperienza, come Comunità San Benedetto, ci siamo messi dalla parte dell’emarginato, e intendiamo rimanerci. Siamo coscienti di essere ancora lontani da quel “met-tersi vitalmente” nelle situazioni di coloro che vivono il disagio. Eppure siamo consapevoli di quanto sia necessario infilarsi nella loro pelle, entrare nel loro mondo con simpatia, comprendere la cultura e l’ambiente in cui sono cresciuti. Incontriamo molte difficoltà, personali e sociali. Non è facile rapportarsi con chi ha perso o non ha mai avuto salde “motivazioni al vivere”, quelle che aiutano ad accettare la propria esistenza e la convivenza con gli altri. C’è sfiducia, insicurezza e paura. Dilaga la non accettazione di sé e degli altri, e quindi crescono abulia e aggressività negativa, che si esprimono sovente con gesti distruttivi o autodistruttivi.
Il nostro stile, pur con i suoi limiti, è teso a far scoprire e assaporare il gusto della libertà. Talvolta ci sono condizioni oggettive drammatiche di partenza, ma l’individuo - la persona – deve essere aiutata a diventare soggetto della Storia. Solo con l’acquisizione di consapevolezza e autonomia, cresce l’aspira- zione a maturare, a prendere in mano la propria vita e ad aprirsi a un cammino personale con tutti i rischi che esso comporta, rifiutando ogni norma che non sia fondata sul bene per l’altro e sul rispetto della sua libertà, contestando ogni autorità che non sia l’espressione di una responsabilità comunitaria. Con questa metodologia di aiuto desideriamo portare avanti il progetto di una Comunità che ponga al centro l’umanità di ogni persona e che rinasca ogni giorno da rapporti umani fecondi. La tessitura delle relazioni richiede uno sforzo quotidiano per superare le diversità, cercando sempre ciò che unisce e mettendo in secondo piano ciò che divide. Ci muoviamo in città impaurite e contesti oscuri. Il Territorio ci interpella incessantemente con l’urgenza dei bisogni concreti e con le sue legittime aspirazioni. I giovani “sentono” il dilagare di un clima inquinato nelle strutture, nei quartieri... La presenza politica della Comunità si prodiga nell’azione di stimolo, di crescita, suggerendo piccoli passi “concreti” di cambiamento. (...)
Dalla solitudine alla festa
L'attenzione alla qualità delle relazioni umane determina una comunità "in movimento", che non pretende di offrire risposteo soluzioni; non pretende nulla, non vuole giudicare, non premia e non punisce nessuno. La nostra "storia" si sviluppa gradualmente nel tentativo di "stare insieme" in modo diverso. Ha come obiettivo il far prenderecoscienza dei bisogni e dei disagi e il contribuire a sviluppare le potenzialità latenti, represse o rimosse dell’individuo, del gruppo, della comunità, del quartiere. (...)La Comunità si muove per smascherare le false coscienze e abbattere le difese pregiudiziali. Lo smantellamento dell’ipocrisia è condizione essenziale per costruire la speranza e il cambiamento. Il nostro sforzo comunitario non prescinde dalle ideologie esistenti, ma piuttosto che mettersi in concorrenza con loro, o sullo stesso piano, le interpella, le sollecita, al fine di renderle meno rigide, più duttili, più capaci di rimuovere gli ostacoli anche strutturali che si frappongono alla liberazione dell’Uomo.
Combattere ogni giorno contro la droga
La Comunità si propone insomma, anzitutto, di seminare il sano dubbio e di mettere in crisi certi ragionamenti, non per ridurre o dimi- nuire, ma per far nascere e sviluppare il po sibile. Vogliamo lanciare un ennesimo grido contro il mercato nero della droga. Lo “spac- cio” non va mai in ferie e non ha cedimenti. La “roba” circola, e il drammatico commercio di diverse sostanze è fiorente e si inserisce razionalmente in un tessuto cittadino che inesorabilmente provoca emarginazione, criminalizzazione e morte. Il problema “droga” investe quindi ciascu- no di noi. È indispen- sabile, e sempre più urgente, riconoscere le proprie responsabi- lità per “rivitalizzare” ogni azione politica a servizio di una polis – una città – più umana. È incomprensibile, per noi, il prolungato silenzio delle forze di sinistra. E' inspiegabile il comportamento pseudo-scientifico della classe medica. Non sappiamo come definire gli ospedali! Siamo costretti a “subire” una disinformazione sistematica di certi organi di stampa. Ci amareggia il qualunquismo, il falso moralismo e l’isterico proibizionismo dei benpensanti, nonché la dogmatica chiusura di certi partiti. Ci chiediamo inoltre quale sia la posizione delle forze sindacali. Siamo infine im- potenti di fronte alla mancata assistenza sanitaria nelle carceri nei confronti di chi è vittima di dipendenze. Solamente attraverso un serio impegno di tutti, il problema droga potrà essere affrontato, tenendo conto dei bisogni concreti e del rispetto dell’autodeterminazione del tossicomane.
La speranza grida più forte del male
Il Male grida, ma la Speranza grida ancora più forte! Abbiamo scoperto che ciascuno di noi ha la responsabilità di dare un nome alla propria storia, di ricordare il nome definitivo con cui è stato chiamato quando è stato chia- mato a esistere. Quindi, non vogliamo in- dugiare solo sulla denuncia dei mali e delle carenze, ma vogliamo parlare anche delle speranze. Vogliamo andare incontro alle persone uomini e donne – senza domandare chi sono, a quale partito appartengono, o quale religione professano. Ci interessa la dimensione profonda del nostro e del loro essere. Denunciamo il carattere sempre più classista della società, e anche in particolare della cultura dilagante; scopriamo la presenza tentacolare dell’ideologia del disimpegno e dell’indifferenza nei vari settori del nostro sistema-Paese: nella vita quotidiana, nell’insegnamento, nelle relazioni familiari, negli spettacoli, nei partiti, nell’informazione (radio, televisione...). La nostra prospettiva di società e di cultura è radicalmente alternativa. In termini chiari: non accettiamo l’adattamento e l’identificazione col sistema dominante. Cerchiamo un adattamento per opposizione. Ovvero: attraverso una identificazione con le classi sfruttate e una concreta solidarietà con le loro lotte di liberazione dallo sfruttamento del sistema dominante.
Il Fatto Quotidiano, 27giugno 2013