Con le mani nel sacco
Introduzione
Il territorio altamurano e i luoghi ad esso limitrofi, appaiono accoglienti agli occhi di chi li visita, grazie alla notorietà della loro storia e cultura, in realtà si rivelano degli ottimi covi per il predominio della criminalità organizzata. Il fenomeno criminale ad Altamura, non può essere certamente paragonato a quello di grandi città come Palermo, Napoli o Reggio Calabria, la cui storia mafiosa ha origini molto più antiche, però è anche vero che, spostandosi di pochi chilometri, verso città contigue e di dimensioni maggiori rispetto alla sopra citata, il fenomeno si intensifica; ne è un esempio la città di Bari. Lo scopo delle organizzazioni mafiose, che agiscono parallelamente allo Stato, è non solo quello di crearsi un alone di potere, ma soprattutto quello di trarre profitto a scapito dei cittadini, i quali, chi controvoglia e chi no, vengono coinvolti in situazioni sfavorevoli, che sfociano nella loro rovina dal punto di vista economico nel primo caso, nella loro incriminazione nel secondo, di modo che, nelle zone interessate, si diffonde un clima di scoraggiamento nei confronti delle istituzioni. L’appellativo di “l’isola felice” attribuito spesso alla città di Altamura, verrà considerato sempre più inappropriato leggendo la trattazione che riporta i dati e gli eventi relativi alle forme di illegalità presenti.
I proventi dei clan nella provincia di Bari: droga, estorsioni, il riscatto per la restituzione di auto
I clan dell’hinterland barese stanno estendendo la loro influenza sui comuni confinanti, dove i gruppi che una volta dettavano legge hanno perso quasi del tutto la loro autorevolezza. E in provincia si esportano gli stessi affari che si fanno in città: droga, usura, estorsioni e gioco d’azzardo. L’unico elemento di differenza è costituito dalla cosiddetta “criminalità rurale” che agisce contro gli imprenditori sottoposti al pizzo; chi non paga subisce danni e furti di attrezzature e mezzi meccanici. Ma in provincia non sono solo gli imprenditori a essere sotto il tiro delle cosche. Particolarmente allarmante è la rilevata tendenza alla moltiplicazione di segnali rivelatori di una crescente pressione intimidatoria delle organizzazioni mafiose nei confronti di rappresentanti delle amministrazioni locali quali sindaci, assessori e consiglieri comunali.
Sono molte le zone “calde” del circondario. La situazione è diventata ancora più incontrollabile a causa di alcune scissioni tra i clan che hanno scatenato una guerra per il controllo del traffico di droga, delle estorsioni e dei furti d’auto. Ma il clima è stato sempre turbolento in questi territori.
Per la Direzione investigativa antimafia i sodalizi esistenti, dopo essere stati decimati da efficaci operazioni di Polizia, stanno ora cercando di spartirsi nuovamente le illecite attività, attraverso una febbrile ricerca di referenze con realtà criminali più qualificate del capoluogo.Le indagini su alcuni omicidi avvenuti nella zona hanno intanto portato alla luce un’altra allarmante novità: i clan oggi possono contare su una manovalanza fatta di giovanissimi ai quali vengono affidati compiti di primo piano e, di conseguenza, particolarmente rischiosi. C’è chi spaccia, ma c’è anche chi diventa killer a diciassette -diciotto anni. Un indubbio elemento di “criticità” è rappresentato dalle scarcerazioni di molti esponenti della criminalità organizzata, in ragione delle capacità dei medesimi di riprendere un ruolo di organizzazione delle attività illecite e, soprattutto, di fare proselitismo tra i minori.
Da qualche tempo la guerra viene combattuta anche a colpi di “lupara bianca”. Lo dimostra la scomparsa dalla circolazione il 17 novembre 2006 dell’altamurano Biagio Genco, amico di lunga data del boss Bartolo Dambrosio, suo allievo di kick boxing. L’indagato con l’accusa di associazione mafiosa, detenzione e porto d’armi, omicidio e occultamento di cadavere dello stesso Genco, è stato Giuseppe Bruno, poi rilasciato perché a parere del giudice non sussistevano tutti i gravi indizi di consapevolezza contestati.La Direzione nazionale antimafia sostiene che nell’area sud-orientale della provincia, i sodalizi emergenti risultano strettamente collegati alla criminalità organizzata del capoluogo barese, l’influenza sulla zona si esercita attraverso figure della criminalità locale che fungono da referenti per le attività di maggiore spessore criminale. La causa scatenante del conflitto è da ricercare nella gestione di consistenti quantitativi di eroina e cocaina importati dalla Bulgaria e utilizzati per rifornire tutto il mercato pugliese.
Per quanto riguarda il traffico di stupefacenti, il Comune di Toritto è diventato una zona di rifornimento per gli spacciatori di Bitetto, Grumo Appula, Altamura, Matera e provincia. Secondo la Direzione nazionale antimafia il gruppo che smercia droga sarebbe quello legato al presunto boss Cosimo Zonno, considerato vicino agli ambienti del clan Parisi di Bari.
Nella geografia della criminalità barese non ci sono solo gruppi in perenne guerra tra loro: nell’area delle Murge, infatti, le famiglie storiche Matera, Mangione e Gigante si sarebbero alleate per esercitare una maggiore forza nel mercato della droga e nelle estorsioni. Contro le cosche attive nell’area sud del capoluogo sono stati ottenuti risultati importanti. Tra il febbraio e il maggio 2008 i carabinieri del comando provinciale di Bari hanno smantellato una organizzazione riconducibile al clan Telegrafo, radicato nel quartiere San Paolo e Libertà di Bari, che forniva cocaina ed eroina agli spacciatori di Acquaviva delle Fonti, Casamassima e Santeramo in Colle.L’indagine ha anche messo in luce il ruolo centrale ricoperto dalle donne del clan che pur mantenendo all’apparenza un tenore di vita privo di lussi, in realtà incassavano i soldi della droga e delle estorsioni per conto dei mariti e dei familiari latitanti o in galera.Nel sud-est della provincia, tra Valenzano, Capurso, Adelfia, Acquaviva delle Fonti, Casamassima e Gioia del Colle, il territorio è piuttosto affollato. Sono attive le organizzazioni locali di Bari-Ceglie del Campo.
Gli equilibri della zona sono stati al centro di un’indagine della Direzione investigativa antimafia, secondo la quale si registrano segnali di ripresa delle ostilità fra i gruppi per l’egemonia nello spaccio di stupefacenti sui quartieri di Carbonara, Loseto, Ceglie, e nei comuni di Triggiano, Valenzano, Adelfia e Casamassima.Il comprensorio di Monopoli e aree limitrofe è, invece, caratterizzato da una criminalità diffusa ma disomogenea: i clan sono nati dalle ceneri di alcune famiglie mafiose, tutte duramente colpite dall’attività di forze dell’ordine e magistratura. La presenza mafiosa è stata assottigliata pure nell’area che comprende Noicattaro, Rutigliano e Triggiano, dove le organizzazioni criminali sono state quasi completamente smantellate. Secondo la Dia nei comuni di Casamassima, Mola di Bari, Noicattaro e Cellamare si stanno facendo strada bande la cui base operativa è nel quartiere Japigia di Bari.Anche a nord di Bari lo Stato è riuscito a conseguire risultati apprezzabili, sebbene la criminalità sia ancora largamente diffusa.La situazione appare meno grave tra Trani, Terlizzi, Corato e Barletta. I clan fanno soldi non solo con droga ed estorsioni, ma anche con il cosiddetto “cavallo di ritorno” (il riscatto richiesto per la restituzione di auto e moto rubate), con rapine alle banche e soprattutto con il furto dei tir che trasportano merci lungo le arterie autostradali del Centro-Nord Italia.
Il pizzo nel territorio murgiano
L’estorsione in gergo definita “pizzo” è una pratica illegale che colpisce imprenditori, commercianti e tutti coloro che possiedono un’attività, in particolar modo se essa è fiorente. L’estorsione riduce la vittima a condizioni economiche disastrose, sino ad annientare non solo l’attività ma anche l’individuo in questione. Il nostro territorio si presenta come terreno fertile per questa forma di potere mafioso. Non mancano episodi rilevanti: il caso di un imprenditore e la sua famiglia, che ha ricevuto inizialmente messaggi intimidatori, addirittura mediante dipendenti della sua stessa impresa edile. Il calvario della vittima ha inizio con il cedimento delle sue auto per poi, ricorrere, ormai alle strette, ad un altro usuraio che gli aveva prestato 200.000 euro a cui si aggiungono ulteriori 150.000 euro a fronte dei quali si impegnava a restituirne 400.000 di soli interessi, il tasso raggiungeva in taluni casi oltre il 500% su base annua. L’imprenditore era sul punto di cedere un cantiere edile ma, all’alba del 21 febbraio 2014, i militari del Gico della Guardia di Finanza di Bari hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare. Tra gli indagati spicca il nome del pluripregiudicato Cosimo Fortunato.
Altro esempio è quello di Francesco Di Palo, 47 anni, che dopo aver pagato il pizzo agli estorsori dal 2001 al 2003, nel 2008 decide di ribellarsi e quindi di non cedere più a tale ricatto. Seguirono aggressioni e minacce e l’imprenditore fu costretto ad allontanarsi dalla sua dimora. L’uomo aveva più volte denunciato le vessazioni alle quali la malavita lo sottoponeva e aveva richiesto protezione allo Stato. Di Palo possedeva un’azienda a Matera, luogo in cui avvenivano gli incontri con gli estorsori. Il Prefetto di Matera gli assegnò il servizio di vigilanza solo nella Basilicata.
Le vittime non sono necessariamente adulte, infatti un episodio ne dà la conferma. Il soggetto in questione è un adolescente a cui due minorenni dopo aver rubato il suo scooter, hanno chiesto un riscatto di circa 300 euro. Il proprietario del motorino non ha esitato a rivolgersi immediatamente alla Guardia di Finanza che ha agito con uno stratagemma alquanto efficace. Esso consisteva infatti nella consegna di una valigetta contenente contanti falsi tra i quali era nascosto un microchip al fine di incastrare gli estorsori. Il piano è andato a buon fine, i due minorenni, uno incensurato e l’altro pluripregiudicato, sono stati entrambi colti nell’atto di spartire il bottino, pertanto sono stati arrestati.
A seguito di un colloquio con la Guardia di Finanza di Altamura, è emerso che nel nostro territorio sono pochissime le persone che denunciano di aver subito estorsione, questo però non lascia intendere che il numero delle vittime sia effettivamente scarso.
I beni confiscati
I beni sottoposti a confisca nel nostro territorio sono molto numerosi. Quelli intestati ad un 59enne affiliato alla cosca murgiana, sono un resort di lusso di Altamura, una sala ricevimenti di Venosa, un ristorante di Gravina in Puglia, 92 fabbricati e terreni, quote societarie, 29 rapporti bancari, 6 autovetture di grossa cilindrata e anche una motocicletta “Harley Davidson”. In particolar modo tra i nomi dei ristoranti confiscati troviamo il “PARCO DEI TEMPLARI” che venne poi gestito per breve tempo dal noto chef GIANCARLO VISSANI sino alla definitiva chiusura.
Sulla vicenda è illuminante ciò che hanno scritto Alessandra Coppola e Ilaria Ramoni nel recentissimo libro Per il nostro bene la nuova guerra di liberazione, viaggio nell’Italia dei beni confiscati: “Una delle più clamorose occasioni mancate è a pochi chilometri di distanza, in provincia di Bari, ad Altamura. Luca Vissani, figlio di Gianfranco e a sua volta ristoratore di fama, si scalda solo a sentire il nome Antica Masseria. Si chiamava Parco dei Templari quando è stata confiscata in via definitiva nel maggio 2007 a Saverio Sorangelo, uomo forte di Gravina di Puglia, con una grossa capacità di raccogliere e «reinvestire» denaro nell’area d’influenza della criminalità organizzata locale, la Sacra corona unita. In particolare, i 66.000 metri quadrati (di cui 8500 coperti) del parco, valore stimato dal tribunale in 20.774.000 euro, macinava soldi come struttura ricettiva per banchetti di matrimonio e feste di comunione, da 150 a 200 euro a invitato. Un bel patrimonio, dallo sgombero del febbraio 2011 completamente nelle mani dello Stato.
L’allora direttore dell’Agenzia nazionale beni confiscati, Mario Morcone, si rende conto che, allontanato il vecchio proprietario, il complesso, che fino a quel momento ha sempre funzionato, rischia di rallentare, di perdere valore economico, di deperire. Nella sua idea, però, non basta tenerlo in piedi, vuole rilanciarlo, e chiama in Puglia i Vissani, padre e figlio, come direttori artistici. Per gestire la società viene coinvolta, ed è il primo esperimento di questo tipo, la Virgilio Project, impresa già esperta nel settore, sequestrata ma dalla confisca certa.
Dei due Vissani, Luca è quello che ha speso fisicamente più energie. «Mi svegliavo la mattina alle sei, alle sette ero già al lavoro fino alle due di notte. A pranzo mangiavo una fetta di pan brioche pugliese…» Un ritmo continuo, dice, per fare della masseria «non qualcosa di lussuoso, ma di bello». Lo sottolinea perché, nella polemica in cui sono stati tirati dentro i Vissani, una delle accuse è di aver voluto spendere troppo e in maniera troppo «capricciosa». «Scrivetelo pure in neretto» s’accende Luca. «Quando ho chiesto: “Chi si occupa dei conti”, mi hanno risposto: “Non sono fatti tuoi, non ti preoccupare…”» Del resto, perché fosse rilanciata e diventasse un polo di qualità e d’attrazione, la struttura andava completamente ripulita e ristrutturata, spiega Vissani jr, «quando sono arrivato l’erba del giardino era alta come mio figlio, non c’erano neanche le linee telefoniche interne…».
La direzione artistica porta tre cuochi, un addetto alle bevande, un esperto di reception e poi conserva il personale della vecchia azienda (uno degli obiettivi del rilancio). Tre dipendenti si mettono in malattia e si presentano a stento due giorni al mese, ma tutti gli altri (fino a trentasei persone nei giorni dei banchetti) si rimboccano le maniche. I Vissani danno disposizioni per ridipingere le mura e tosare il prato, trasformare le stanze d’albergo in suite, aggiungere un «tavolo conviviale» e un’esposizione di prodotti tipici. E intanto tengono viva l’attività. Con la firma del grande chef, uno dei due nuovi ristoranti della masseria, Ama, arriva in sei mesi a 82 punti nella Guida del Gambero Rosso. I prezzi restano contenuti, il menu fisso varia dai 35 ai 45 euro, le prenotazioni crescono. «Ad agosto, quando ad Altamura non c’è nessuno, perché sono tutti al mare, organizziamo una cocomerata da 50 euro a persona e arrivano in 550.». Le speranze sono buone, ma in questa fase i conti, ovviamente, sono in rosso. «Il primo anno c’era una perdita di 600.000 euro – spiega l’ex direttore dell’Agenzia Mario Morcone –, ma poi avevamo già in previsione un attivo di 800.000 euro perché avevamo già tutti i matrimoni prenotati.» Almeno 30 per il 2012, aggiunge Luca.
L’Agenzia però intanto ha cambiato conduzione e il prefetto Caruso considera quei costi insostenibili per delle casse sostanzialmente vuote. A inizio 2012 arriva la revoca del contratto ai Vissani e anche alla Virgilio Project. Lavoratori e fornitori smettono di essere pagati. Al «Corriere del Mezzogiorno» il proprietario di un’impresa di manutenzione degli impianti di refrigerazione, Michele Minafra, si spinge a dire: «Meglio i Sorangelo, che almeno pagavano, che Vissani e lo Stato». Un’addetta alle pulizie ha nostalgia del vecchio proprietario: «È un brav’uomo, tanto che si sedeva a mangiare con noi. Quello che è stato fatto dall’antimafia è ingiusto, si stava meglio prima». Dell’Antica Masseria resta un cartello di metallo e una freccia a sinistra, sulla provinciale da Bari, che porta a uno spazio vuoto.
Perché è finita così? «Il progetto partiva da una valutazione sbagliata» spiega Caruso. «Non si trattava di gestire un ramo d’azienda, ma approfondendo le carte il consiglio direttivo dell’Agenzia si è accorto che si trattava di un immobile e come tale andava trattato…» Tutto da rifare, dunque.Luca e Gianfranco restano delusi, anzi arrabbiati (e pure in causa): «Era una bella idea, il nome Vissani aveva sopraffatto la criminalità, la gente non lo vedeva come un posto di cui avere paura, ma come un luogo di piacere. Se lo Stato non sostiene questi progetti lanterna con i privati, se non azzera la burocrazia, se gli amministratori giudiziari non si svegliano, l’Agenzia nazionale può anche chiudere, è una scatola vuota…».
Anche l’ex direttore Morcone su questa faccenda rimane critico: «Per la paura dei 600.000 euro di perdita hanno interrotto i contratti e licenziato tutti i dipendenti. Invece di trattare il bene come complesso aziendale, l’hanno smembrato e hanno consegnato l’immobile al Comune di Altamura. Mi hanno contestato che non avrei potuto fare il contratto con la Virgilio Project perché non ho fatto il bando pubblico. Ma non l’ho fatto perché sono tutte e due società confiscate, al 100 per cento dell’Agenzia, e io con quel contratto ho fatto lavorare un’altra società confiscata».Sono due visioni che si scontrano. «O hai il coraggio e la voglia di farle queste cose – è la linea di Morcone – oppure campicchi, ed è la paralisi dell’Agenzia.»
Caruso, invece, insiste sul rispetto delle regole. I progetti, nella sua visione, devono avere tutti i timbri giusti: «Abbiamo fatto degli incontri preliminari e ora c’è l’ipotesi di farne un centro regionale della Forestale».Inoltre ad Altamura vi è un esempio di un fondo rurale e un fondo rustico confiscati alla criminalità organizzata e riutilizzati. L’obiettivo principale è la creazione dspazi occupazionali per il reinserimento socio-lavorativo di soggetti ex-tossicodipendenti, condannati, liberi o in stato di detenzione. La presenza nella città di una casa circondariale, inoltre, permette di ipotizzare, con la collaborazione degli Uffici dell’Esecuzione Penale Esterna del Ministero della Giustizia di Bari e Matera, l’attivazione di interventi di giustizia riparativa ed esperienze laboratoriali sperimentali in carcere. Le attività saranno zootecniche e agricole.
Corruzione e usura
La corruzione è un fenomeno molto diffuso globalmente, favorito da una serie di condizioni: rischi bassi, punizioni minime, enormi profitti. In Italia il costo della corruzione è stimato in ben 60 miliardi di euro annui. Queste manifestazioni di illegalità gravano non solo sui privati ma sull'intero sistema economico e sociale nel suo complesso.Per corruzione, in diritto, si intende la condotta propria del pubblico ufficiale che riceve, per sé o per gli altri, denaro o altre utilità che non gli sono dovute. Un aspetto molto marcato della corruzione nella città di Altamura è quello dell'abuso di potere da parte dei politici.
Partendo da dati di cronaca abbiamo potuto riscontrare che la corruzione è in grado di far lievitare i prezzi delle grandi opere pubbliche fino al 40% in più facendo sì che i politici corrotti ne traggano guadagno; oppure di allontanare ogni forma di investimento virtuoso agevolando l'inquinamento criminale, il riciclaggio di proventi illeciti e favorendo gare d'appalto illegali. Queste, il più delle volte, sono incoraggiate dalla “spinta di mazzette”: l'indice del pagamento delle tangenti (B.P.I.) vede l'Italia occupare la quindicesima posizione.
La corruzione nella nostra città, Altamura, e più in generale in tutto il Sud, ormai non fa più scalpore. C'è stata e continua ad esserci; per quanto possiamo interessarci a questa situazione degenerativa ci sarà sempre qualcuno pronto a difendere la parte “sporca” di questa cittadina.
Il Comune stesso ha cercato di arginare queste manifestazioni di illegalità cercando di fare opera di prevenzione.Con le delibere di Giunta Comunale n. 3, 4 e 5, il Comune di Altamura ha approvato, nel pieno rispetto delle prescrizioni legislative previste nell'alveo della L.190/2012, il nuovo codice di comportamento dei dipendenti del Comune di Altamura (attuazione del D.P.R. n. 62/2013), il Piano triennale per la trasparenza ed integrità 2014-2016.Anche dopo l'approvazione di questo piano, però, sappiamo benissimo che continuano ad esserci vicende che indignano i nostri compaesani (piccoli favori privati, appalti truccati, posti di lavoro comunali assegnati senza adeguato concorso). A proposito di concorsi, Altamura, non molto tempo fa, nel settembre 2009 circa, è stata centrale operativa di una maxi truffa che riguardava i test di ammissione alle facoltà di odontoiatria: un team di esperti, con l'aiuto di genitori, rispondevano ai test di ammissione a Odontoiatria e poi trasmettevano i risultati agli studenti impegnati nelle prove di selezione presso diverse università italiane. Almeno una quindicina le persone indagate, molte di più quelle controllate in una inchiesta della Procura di Bari e che coinvolge diverse città. Le accuse, a vario titolo, sono associazione a delinquere, corruzione, truffa e rivelazione di segreto d'ufficio.
Alcuni nomi: Felice Roberto Grassi, ordinario di Odontostomatologia dell’Università di Bari, Andrea Ballini, tecnico informatico dello stesso ateneo, Francesco Miglionico, odontotecnico e laureando in Odontoiatria ed ex assessore alle Attività produttive di Altamura, Amedeo Nardi, rappresentante di prodotti per l’ortodonzia, Giacomo Cuccovillo e Marco Magdalonm, studenti universitari.
Per definizione, l'usura è la pratica consistente nel fornire prestiti a tassi di interesse considerati illegali, socialmente riprovevoli e tali da rendere il loro rimborso molto difficile o impossibile. Molti sono i casi di usura nella nostra città. Le notizie provocano sempre un certo ardore tra i cittadini. Purtroppo questo forte sdegno dura mediamente poco. Un esempio ci è stato dato nel febbraio 2014: è stata attuata dalla Guardia di Finanza di Bari in collaborazione con lo Scico di Roma l'operazione “Revenge”. I militari hanno dato esecuzione a sette ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti, tra cui spicca il nome di Cosimo Fortunato, 52enne del rione Japigia, volto noto alle forze dell'ordine. In carcere anche Michele Giuliano Matinelli (31anni), Angelo Fortunato (49 anni), Giuseppe Lafirenze (48 anni), i fratelli Raffaele, Salvatore e Francesco Castoro (rispettivamente di 42, 43 e 47 anni). Obbligo di dimora, invece, per un avvocato 56enne di Altamura, Vincenzo Massimo Siani. Sono tutti accusati, a vario titolo, di usura ed estorsione, anche in forma tentata. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Bari, sono state avviate da una denuncia sporta da un imprenditore edile vittima di episodi di usura ed estorsione. L’attività investigativa ha consentito di fornire pieno riscontro alle dichiarazioni rese dalla vittima, facendo emergere un contesto di grave difficoltà economica in cui versava l’imprenditore, tale da doversi rivolgere, per ottenere liquidità, a Lafirenze e ai fratelli Castoro. In tale contesto la vittima aveva ricevuto, in varie soluzioni, 210mila euro in contanti, a fronte dei quali si impegnava a restituirne oltre 280mila euro a titolo di soli interessi, con l’applicazione di un tasso che sfiorava il 150% su base annua. Le indagini della Fiamme Gialle hanno accertato gravissimi messaggi intimidatori rivolti alla vittima e ai suoi familiari, anche attraverso dipendenti dell’impresa edile, allorquando l’imprenditore si trovava in difficoltà nell’onorare le scadenze imposte dagli aguzzini.
Il mercato della droga ad Altamura
La droga è una macchina distruttrice che ancora oggi non si riesce a sconfiggere. Negli ultimi anni il fenomeno ha avuto un incremento, nonostante il continuo impegno da parte delle forze dell’ordine che tutti i giorni cercano di contrastare “questo acerrimo nemico”. I consumatori di stupefacenti, infatti, sono sempre più giovani e cadono nella trappola molti minorenni che diventano consumatori accaniti in cerca di “un paradiso artificiale”, o se vogliamo, un “benessere psicofisico” effimero di breve durata. Questa piaga è presente in maniera rilevante nella nostra regione, la Puglia. Ora cerchiamo di analizzare la situazione altamurana. I soldi provenienti da tangenti, estorsioni e pizzo venivano e vengono, ancora adesso, utilizzati per acquistare la droga: Altamura è diventata la porta della Basilicata. Il centro storico della città murgiana è ormai un vero e proprio bazar di smercio e commercio di droga più della stessa Bari in quanto i clan malavitosi baresi stanno allargando il proprio commercio nel territorio leccese e foggiano.
Ad Altamura anche gli albanesi si sono ritagliati un proprio mercato. Due o tre anni fa i clan altamurani riuscivano a ricavare circa 200.000 € alla settimana. Sembrano troppi, ma bisogna considerare che circa il 50% di questi proventi, servono per pagare le famiglie di criminali che si trovano in prigione, fornendo una specie di stipendio, così da poter tenere unito il gruppo criminale. Il controllo del mercato è in mano alla famiglia Parisi. Tra gennaio e marzo del 2014 le forze dell’ordine hanno compiuto all’incirca venti arresti di spacciatori veri e propri produttori di droga. La cosa fa più scalpore perché tra gli arrestati ci sono dei minorenni, un brutto segnale che ci fa comprendere che l’età dei consumatori si è abbassata notevolmente.
Ha fatto notizia l’arresto di una giovane ragazza, appena diciottenne, che possedeva circa 100 grammi di eroina in un cassetto, con 20 bustine già pronte per lo spaccio, il tutto si consumava all’insaputa degli genitori. Ora la ragazza si trova agli arresti domiciliari in attesa di processo. Una denuncia all'Autorità giudiziaria di due minori per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e una segnalazione all'Autorità prefettizia per più di dieci ragazzi, tra cui minorenni, quali consumatori e detentori di sostanza stupefacente ad uso personale. È l'amaro bilancio di un'operazione di controllo delle Fiamme Gialle eseguita in città nel mese di febbraio. Gli agenti della Tenenza della Guardia di Finanza di Altamura, guidati dal comandante, tenente Gianluca Procaccini, hanno setacciato i principali luoghi di spaccio e di consumo di sostanze stupefacenti del paese. Diversi sono stati i ragazzi controllati. "Sballo" e divertimento facile sembrano essere le parole chiave della loro vita e non c'è preoccupazione delle dure conseguenze, spesso irreversibili, che possono derivare. Nel corso della perquisizione, i militari della Tenenza di Altamura hanno rinvenuto tutto l'occorrente per uno spaccio in grande stile, assolutamente inimmaginabile per un ragazzo che quotidianamente frequenta le scuole superiori e che all'apparenza conduce una vita "normale". Bilancini di precisione, bustine per il confezionamento, marijuana essiccata e da essiccare, semi della stessa sostanza stupefacente, nonché riviste tecniche nelle quali veniva spiegato come piantare, coltivare ed essiccare la droga. Il tutto è stato sottoposto a sequestro.
Altre ricerche hanno portato allo scoperta di un altro spacciatore. Il locale controllato è ubicato in una traversa del centralissimo viale Martiri. La perquisizione ha consentito di rinvenire e sequestrare 30 grammi di marijuana, 17 grammi di hashish e una dose di cocaina, confezionate in più dosi pronte per lo spaccio, oltre a materiale per il confezionamento. In manette è finito un 35enne disoccupato del luogo che aveva in locazione l'immobile. Nel locale sono stati identificati anche altri tre giovani, uno dei quali è stato segnalato alla Prefettura di Bari quale assuntore di sostanze stupefacenti. Il 35enne, su disposizione della Procura della Repubblica di Bari, sottoposto a rito direttissimo, è stato condannato a cinque mesi di reclusione e al pagamento di 1.500 euro di multa per detenzione di stupefacenti finalizzata allo spaccio, venendo poi collocato ai domiciliari. I carabinieri della Compagnia di Altamura, supportati da un velivolo del 6° Elinucleo di Bari e da unità cinofile del Nucleo di Modugno, hanno portato a termine un'importante operazione antimafia coordinata dalla Direzione distrettuale di Bari. Sgominata un'associazione a delinquere di tipo mafioso, operante nella zona sud della provincia barese ed affiliata al potente clan dei "Palermiti", dedita al traffico di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, aggravata dall'utilizzo di armi ed esplosivi attraverso i quali il clan imponeva la propria supremazia sul territorio. Il gruppo degli arrestati era capeggiato da Barbetta Vincenzo.
Il mercato di stupefacenti si è radicato principalmente in una vasta area compresa tra i comuni di Casamassima, Cellamare e Altamura. L'attività principale del gruppo criminale era il traffico di eroina, cocaina e hashish, attraverso il quale si garantivano guadagni ingentissimi che servivano anche a mantenere le famiglie degli affiliati che si trovavano in carcere. Un dato che appura la strutturazione mafiosa dell'organizzazione, infatti numerosi sono gli episodi in cui sono stati documentati finanziamenti alle famiglie di detenuti per decine di migliaia di euro. La connotazione più inquietante del gruppo, che costituisce l'aggravante principale contestata dai magistrati agli arrestati, è la disponibilità di un impressionante arsenale di armi, che andava dai fucili mitragliatori (il famigerato Kalashnikov) a pistole di vario genere, fucili a pompa e anche granate. Altro fermato è un altamurano, 27 anni, incensurato, disoccupato, intento nell'attività illecita di spaccio di droga. È finito agli arresti domiciliari. I carabinieri erano già sulle tracce di una utilitaria che, da precedenti attività investigative, risultava essere la vettura in uso ad un probabile spacciatore attivo soprattutto il fine settimana nei pressi di via Pompei. L'autovettura dove si trovava si è imbattuta nella rete dei controlli e l'immediata perquisizione del veicolo e del suo giovane conducente che ne è seguita, ha consentito subito il rinvenimento di sei dosi di cocaina, confezionate in bustine singole pronte per lo spaccio ed un piccolo bilancino di precisione. Questo primo fruttuoso esito induceva i carabinieri a condurre una perquisizione sia presso l'abitazione dell'incensurato, che presso un locale da lui frequentato, ubicato nel vicino quartiere San Giovanni Bosco e allestito ad uso di ritrovo giovanile. Lì la scoperta di altre dieci dosi singolarmente confezionate, altri due bilancini di precisione, sostanza da taglio e materiale per confezionare le dosi in bustine pronte allo spaccio, nonché la somma in contanti di circa 2.300 euro, nascosta in un vano occulto della mobilia, che rendeva immediatamente contezza dei volumi di spaccio e dei guadagni illecitamente introitati.. Altra bottega è stata rinvenuta da parte della Tenenza di Altamura, in un’abitazione con il seminterrato come punto di vendita. Sei gli arresti tra cui nomi importati come quello di Giovanni Montalbano (con precedenti penali), insieme a Antonio Giorgio e Domenico Cornacchia, entrambi 23enni trovati mentre preparavano la droga da impacchettare sul tavolo: ben 3 dosi di eroina, semi e vasi di marijuana e anche 200 grammi di foglie essiccate.
Ecomafia
Quando parliamo di Ecomafia intendiamo tutta la criminalità ambientale, l’infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici, l’abusivismo edilizio, il racket di animali e i furti di opere d’arte. Ogni anno vi è l’aggiunta di nuovi elementi (non solo in ambito ambientale) a questa lista che sembra ormai non avere più fine. Uno dei primi esempi di delitto associativo riguarda il traffico illecito dei rifiuti, che è stato registrato nella zona di Santeramo, dove enormi quantità di rifiuti plastici, lì da anni, hanno provocato addirittura un molleggiamento del terreno. In seguito alle operazioni della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) vi è stato un risarcimento di 80 milioni di euro. Per quanto riguarda Altamura invece, l’evidente malridotto aspetto dell’Altamurgia è senza alcun dubbio dovuto ad abusi edilizi che l’hanno irreversibilmente danneggiata e all’amministrazione inappropriata delle ZPS (zone di protezione speciale). Il comune di Altamura è stato sempre “tormentato” da abusi edilizi. Già dal 2005 aveva uno straordinario numero di richieste di condono, che tuttavia era pari a quello dei paesi vicini. Fra i vari luoghi condonati ne figurano alcuni in pieno Parco dell’Altamurgia. Nel 2003 è stata emendata una legge che garantiva il condono a chi avesse già realizzato lo scheletro del proprio edificio. Di conseguenza ci furono casi di tufi o di balle di fieno, incolonnati e assemblati fra di loro di notte. Tutto ciò è attestato da documentazioni fotografiche.
Molto presente è l’utilizzo dei fanghi in agricoltura che possono sembrare a prima vista concimi ma che in realtà possono essere considerati veri e propri smaltimenti di rifiuti (fra cui plastiche e rifiuti sanitari). Questi materiali venivano rilasciati gratis ai contadini, con tanto di “caffè” pagato (circa 150\200 euro per viaggio). Ne è una dimostrazione lampante lo sversamento di rifiuti e sostanze maleodoranti su circa 300 ettari di territorio comunale di Altamura (Contrada Cervoni) avvenuto nel luglio 2003, denunciato da associazioni ambientaliste e da agricoltori. Nel settembre dello stesso anno, intervennero in massa forze dell’ordine, enti locali, magistratura, commissioni parlamentari. Analogo fenomeno fu scoperto anche in una zona del territorio di Gravina in Puglia (Contrada Finocchio). I Comuni di Altamura e Gravina vietarono il pascolo e la coltivazione sui terreni che – dalle prime analisi – risultarono contaminati da rifiuti di ogni genere. Per tutti era “Murgia Avvelenata”. Per gli altamurani, una sciagura: sotto il profilo ambientale, sanitario ed economico.
La cosa ancor più grave è che questi territori sono gli stessi adibiti all’agricoltura biologica, i cui prodotti vengono venduti ad alto prezzo, nonostante l’utilizzo di fanghi di depurazione ed effluenti d’allevamento con finalità di smaltimento. Il 95%, o forse più, degli agenti si fermano alla visualizzazione di analisi o fatture di accompagnamento di questi “concimi”. Bisogna pertanto affidarsi a corpi specializzati come il corpo forestale, le magistrature o le procure. Analizzando la diffusione di questi materiali di rifiuto, stando a uno studio dell’Agenzia delle Dogane, circa il 90% dei container che trasportano merci non viene controllato adeguatamente.
Si stima che attorno alle Ecomafie ruotino all’incirca 16 miliardi di euro.
L’abusivismo edilizio
Per abuso edilizio s'intende un illecito penale che consiste nel realizzare un intrevernto edilizio senza permesso di costruire o senza dichiarazione di inizio attività. L'abusivismo edilizio è la tendenza a dare all’abuso un carattere sistematico, quasi di normalità.
Nel panorama nazionale si riscontra una supposta coincidenza fra i territori maggiormente abusati dall'edilizia e quelli in cui è più marcata la presenza della criminalità organizzata. Si sostiene, in pratica, che laddove il potere delle organizzazioni malavitose è maggiormente acuto si registra anche un'elevata incidenza del fenomeno abusivistico.
Altamura, purtroppo, detiene il record italiano degli abusi edilizi. Ne è prova il fatto che sui libri di giurisprudenza il caso altamurano ha fatto scuola a livello nazionale.Secondo una stima attendibile, i casi di abusivismo nella cittadina altamurana ammonterebbero a 2300, seconda solo a Bari (dove i casi sarebbero 2400), con una differenza sostanziale relativa alla popolazione (Altamura conta 70mila contro i quasi 500mila di Bari). Vale a dire che un altamurano su 30 ha qualcosa da farsi perdonare dall' Ufficio Tecnico. Il sospetto è che qualcosa non funzioni nei controlli o nel piano regolatore. Da una analisi delle domande arrivate, risulta che sono tre le tipologie di abuso più frequenti. In primo luogo viene richiesto il condono di sottotetti adibiti a mansarda o a «bucatai» trasformati in studi. Poi ci sono i cambi di destinazioni d' uso per locali commerciali: per esempio, viene avanzata la richiesta di condonare la trasformazione di un garage in deposito per un negozio. «Per la terza categoria stiamo predisponendo particolari controlli», afferma il primo cittadino di Altamura. Si tratta della richiesta di sanatoria per i manufatti costruiti in aperta campagna: per molti si tratta di domande di condono per l'uso residenziale delle strutture. «Altri invece pensano di realizzare lì delle piccole fabbrichette artigianali - spiega l'esperto tenente dei vigili urbani, Vincenzo Tricarico - all' epoca del condono del '94, abbiamo denunciato centinaia di abusi, proprio in questo senso. È un vizietto che gli altamurani evidentemente non perdono». Il fenomeno dell’abusivismo edilizio è strettamente collegato alla corruzione per quanto concerne le autorizzazioni logistiche che bisogna possedere. Le autorità competenti hanno registrato un aumento dei casi di abusivismo edilizio nell’arco di tempo che va dal 2005 al 2009. La maggior parte dei suoli abusivi, una volta confiscati, vengono utilizzati per scopi sociali.
Il lavoro nero
L’indagine Ires del 2009, pubblicata nell’ambito del progetto ‘In Regola’, svela che in Italia l’economia sommersa raggiunge il 17%/19% del Pil che corrisponde ad una perdita di 100 miliardi di euro l’anno.Gli ambiti in cui il lavoro nero si concentra maggiormente sono il settore agricolo e il settore edilizio. In Puglia il tasso di irregolarità si aggira intorno al 16% del totale, in particolare nel territorio barese e nella provincia della Bat l’85% (90 su 107 aziende controllate) delle aziende sono risultate irregolari. I dati si riferiscono al 2012.
Ad Altamura il fenomeno del lavoro nero si è sviluppato negli anni Ottanta ed è andato man mano crescendo negli ultimi anni degli anni ’90.
Nel 2013 la Guardia di Finanza di Altamura ha effettuato 1621 ispezioni che hanno portato all’arresto di 167 evasori, hanno rscovato 611 lavoratori in nero e 2300 violazioni per mancato rilascio di scontrino e ricevuta fiscale. Sono stati notificati 177 provvedimenti di chiusura agli esercizi che più di 4 volte hanno omesso il rilascio del documento fiscale.
Bibliografia e sitografia
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Bruno Destefano, L’Italia del pizzo e delle mazzette, edizioni Newton saggistica, Roma 2010.
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Alessandra Coppola, Ilaria Ramoni, Per il nostro bene, la nuova guerra di liberazione, viaggio nell’Italia dei beni confiscati, edizioni chiarelettere, Milano 2013
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Leonardo Rinella, Dieci anni di mafia a Bari e nei dintorni, dal Conte Ugolino al Canto del Cigno, Progedit Nuova Edizione, Bari 2003.
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Articoli tratti da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, “La Repubblica Bari”, “Corriere della Sera”, “Corriere del Mezzogiorno” e dai siti “AltamuraToday”, “AltamuraLife”, “NotizieOnline”, Altamura live e “altamura2001.com”.
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Dati reperiti dalla “Tenenza della Guardia di Finanza di Altamura” e dall’archivio di “Radio Regio Stereo” di Altamura.