Uncategorised
- Categoria: Uncategorised
L'insegnamento è un mestiere che perde efficacia. Presto sarà uno di quegli artigianati da presepe vivente, che mostriamo ai bambini quando viene Natale: guarda, in questa grotta si cardava la lana, in quest'aula invece dividevano le parole in tronche, piane, sdrucciole.
"Insegnante" del resto, è una professione che abbiamo inventato quando ce n'era bisogno: una popolazione per lo più analfabeta che andava alfabetizzata, e pure di corsa. Istruzione pubblica, allora, gratuita e universale al pari del suffragio appena ottenuto. Servivano maestri e professori, specie negli ordini più bassi di scuola, quelli dell'obbligo, e ne servivano tanti, non c'era da andare troppo per il sottile: l'istruzione di cui avevamo bisogno era per lo più quella essenziale, leggere, scrivere, fare di conto. Col tempo il benessere (grazie a
Dio sì, ma soprattutto grazie alla scuola pubblica), prende a crescere, e cresce con costanza, per tutti. Non in maniera uniforme però. Alcune famiglie stanno decisamente meglio di altre. Alcuni ragazzi fanno compiti a casa con mamme e papà che qualcosa di come si legge, si scrive e si fa di conto ormai sanno, oppure li fanno al doposcuola, dove un insegnante privato perfeziona o ripara, e altri invece fanno i compiti da soli, cioè in pratica non li fanno. L'insegnamento a massima efficacia prevedeva che tutti gli studenti lavorassero in classe, e magari a casa rinforzassero un po' quello che avevano appreso al mattino. Presto, invece, (sono passati sì e no due decenni, durante i quali l'Italia ha vissuto un vero e proprio boom economico) le cose cambiano: alcuni ragazzi, e cominciano a essere sempre di più, possono permetter-si di differire il momento dell'apprendimento e dell'approfondimento al pomeriggio. Questi ultimi si fidano dell'insegnante di ripetizioniun po' più di quanto si fidino del maestro o del professore.
L'insegnante, dal canto suo, si adagia su questo modello: visto che in classe è difficile seguire tanti studenti, assegna molti più compiti a casa, così chi ne ha voglia e possibilità lavorerà come si deve al pomeriggio. Al mattino, si limiterà a verificare chi ha studiato e chi no.
Oltretutto, a dare ripetizioni e a fare doposcuola sono gli stessi insegnanti del mattino: con altri studenti, diversi da quelli che hanno in aula, fanno, in classi decisamente meno numerose, le stesse cose che avrebbero fatto a scuola, ma meglio, con più cura, perché pagati di più (e nero). Il modello riscuote successo, al punto che a un certo punto viene imitato da altre professioni pubbliche, per esempio i medici, che cominciano a visitare e a operare intra moenia ed extra moenia: uno dei pochi casi in cui gli insegnanti hanno davvero fatto scuola.
Da questo momento in poi(siamo più o meno tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90) l'efficacia dell'insegnamento pubblico non si limita
più a perdere: crolla come la diga del Vajont.
Nel frattempo, tra un taglio e una riforma, finché la curva del benessere sale, ci si gode il tempo delle vacche grasse: ripetizioni = voti alti, no ripetizioni = voti bassi. Chi non può s'arrangi. A un certo punto però il sistema entra in crisi dall'esterno: sì, stiamo tutti meglio, e siamo tutti decisamente meno ignoranti, il mondo però si è andato complicando a un livello tale che non bastano più i rudimenti dell'alfabetizzazione, anzi non bastano più nemmeno l'umanesimo da liceo le facoltà universitarie poco specialistiche. L'insegnamento pubblico, per essere efficace, dovrebbe fare molte più cose di quelle che faceva prima, per esempio sopperire a tutte quelle esigenze educative, non solo didattiche, che le famiglie non sono più in grado di fornire, perché entrambi i genitori lavorano molto e stanno molto fuori di casa. Il tempo che si passa a scuola non è sufficiente, per aumentarlo bisognerebbe pagare di più insegnanti, collaboratori, amministratori, personale di segreteria, e di soldi in giro non ce ne sono. Si ricorre a un palliativo, infarcire i programmi e le indicazioni nazionali, che diventano zeppi bel oltre l'orlo: cari insegnanti, fate più cose che potete, parlate di tutto ciò di cui si può parlare, istituite giornate e settimane di questo e di quello, e per il resto accennate, date spunti, sparpagliate, qualcosa resterà. Il tempo diventa il bene più prezioso, le famiglie allora dirottano le risorse che prima erano destinate al perfezionamento o al riempimento delle lacune scolastiche su beni e servizi la cui funzione
è da un lato far risparmiare tempo e dall'altro occupare con varie forme di intrattenimento il tempo che si è riusciti a risparmiare: ludoteche e baby parking, acquisto di telefoni e altri dispositivi per la fruizione di internet, abbonamenti a piattaforme streaming di serie tv e musica, cibo pronto recapitato a domicilio, voli aerei low cost, brevi vacanze, mini vacanze, micro vacanze, e soprattutto friggitrici ad aria.
All'improvviso, si affaccia al mondo chatgpt e sembra quasi che possa fare giustizia del meccanismo dei compiti a casa: assegnarli diventa di colpo inutile. E solo una fugace illusione: a usare chat gpt sono, soprattutto durante il primo ciclo di istruzione, i ragazzi che prima non facevano i compiti. Adesso li fanno con chatgpt. ragazzi che a casa sono seguiti o che hanno un insegnante privato non usanochat gpt. Soprattutto, gli insegnanti continuano ad assegnare compiti a casa proprio come se chatgpt non esistesse. Il risultato è una scuola pubbli-
ca che ha per forza di cose obiettivi didattici molto alti (questo mondo non lo affronti con le tabelline, ci vogliono il Coding e gli algoritmi), ma pochi insegnanti (la classe è troppo numerosa e troppo poco omogenea per poter essere soddisfatta da un unico insegnante), didatticamente arretrati, depauperati (leggi poco motivati) e collocati in strutture poco adatte (specie in certe zone del paese).
La perdita di efficacia dell'insegnamento la si riscontra ogni anno, con le prove Invalsi, che testimoniano un ri-
torno inesorabile verso la situazione di partenza: i ragazzi leggono testi di cui sempre meno comprendono il significato. Si chiama analfabetismo. Di ritorno. Che è il punto da cui eravamo partiti.
----------------------------------------------------------------------
Questo testo è stato riconosciuto dalla versione gratuita di Textify su macOS.
Puoi rimuovere manualmente questo messaggio o acquistare la versione PRO (via Textify > Preferenze) che mi aiuterà a migliorare l'app. Grazie.
- Categoria: Uncategorised
PERCHÉ ORA IL SUD DÀ PIÙ FORZA AL PAESE
di Roberto Napoletano
Forse, non ve ne siete accorti, ma nel biennio 2022/2023 il Mezzogiorno italiano ha avuto la migliore crescita di prodotto interno lordo rispetto agli stessi Stati Uniti e a tutti i Grandi Paesi del G7. E abbastanza sorprendente come questo dato di fatto, di cui daremo conto in tutti i suoi risvolti analitici nei prossimi giorni, continui a sfuggire alla maggioranza degli osservatori. I quali puntualmente, di anno in anno, dal post Covid a oggi, danno conto della crescita italiana, ma si affrettano subito a prevedere che nei dodici mesi che seguiranno il Mezzogiorno si fermerà, prima addirittura si spingevano a pronosticare recessione tout court e allargamento dei divari interni. Gli ultimi dati resi noti l'altro giorno dall'Istat relativi al 2023 sanciscono che la crescita del Mezzogiorno è stata più del doppio della media nazionale e tutti gli indicatori, dalle esportazioni alla nuova occupazione, segnalano una precisa linea di tendenza che continua a consolidarsi. Se è vero, come è vero, che anche nei primi nove mesi del 2024 le esportazioni dei distretti industriali del Sud, trainate dalle performance dell'agro-alimentare e del polo farmaceutico campano, secondo i risultati del rapporto Monitor di Intesa Sanpaolo, crescono quasi tre volte di più della media nazionale che resta positiva.
In virtù di questa forza dell'export e dei ripetuti avanzi con l'estero di merci anche di turismo, l'Italia è sempre più un Paese creditore verso il mondo con la quarta migliore posizione patrimoniale netta sull'estero tra i Paesi dell' Eurozona pari a 265 a miliardi di euro, equivalente al 12% del prodotto interno lordo. Siamo sempre più un Paese creditore verso il mondo, cioè un Paese che vanta uno stock di crediti superiore al suo stock di debiti verso l'estero, come documenta da par suo Marco Fortis in altro articolo.
Chi continua a parlare di bassa competitività italiana nella manifattura come nel turismo ignora, ad esempio, che il nostro surplus non
dipende solo dall'Europa con Germania e Francia in crisi, ma da un attivo commerciale nei Paesi extra-Ue che, esclusa l'energia, e pari a 115 miliardi nonostante il rallentamento americano e grazie a un contributo delle imprese meridionali che risultano tra le più dinamiche. Per capirci, questi 115 miliardi che, computando il costo dell'energia, diventano 65 sono soldi veri che finiscono nel salvadanaio dell'Italia e permettono, insieme ad altre voci, di fare crescere la posizione finanziaria, netta positiva da 150 a 265 miliardi. La dimensione epocale del cambiamento in atto è misurata dal fatto che non solo la nostra posizione finanziaria netta è la migliore dei Paesi euro-mediterranei e si confronta con performance negative di Francia e Spagna rispettivamente per 716 e 768
miliardi, ma ha scalato in dieci anni ben 14 posizioni in classifica collocandosi alle spalle di Germania, Paesi Bassi e Belgio e facendo così dell'Italia una creditrice verso il mondo come i Paesi cosiddetti "frugali".
Sarebbe ora che le agenzie di rating prendessero atto della nuova realtà italiana che è quella di un'economia solida, sostenuta da una forte reputazione internazionale sempre più anche politica, e che garantisce ampiamente la sostenibilità del suo debito pubblico. Sarebbe bene che, nel dibattito di casa nostra, aumentasse la consapevolezza che c'è molto di Mezzogiorno in questo cambio di passo perché è l'unica frontiera di sviluppo reale possibile per Europa e Italia. A gennaio di quest'anno torna ad aumentare il clima di fiducia di imprese e consumatori italiani. Anche qui il Mezzogiorno fa la sua parte.
Ricordiamocelo.
Il Mattino 30.1.2025
- Categoria: Uncategorised
IO PROTESTO
Di seguito il resoconto stenografico dell'intervento di Giacomo Matteotti tenuto alla Camera il 30 maggio 1924 in cui contestava i risultati elettorali delle elezioni tenutesi il 6 aprile dello stesso anno e le irregoralità commesse dai fascisti per vincere le elezioni.
Un vero inno alla libertà a 100 anni dall'uccisione dell' esponente socialista avvenuta il 10 giugno 1924 per mano di cinque sicari guidati da un certo Amerigo Dumini.
- Categoria: Uncategorised
La riforma del fisco secondo Matteotti
Rigore e giustizia contro i populisti
di Francesco Tundo
Si può ancora parlare di tasse con serietà e competenza, senza cedere alla tentazione di farne un tema da perenne campagna elettorale? Un po' a sorpresa, la risposta viene dall'aspetto meno noto del pensiero di Giacomo Matteotti.
Di Matteotti, a cento anni dal rapimento e dal brutale assassinio per mano fascista, si sa quasi tutto. Delle lotte per i braccianti del suo Polesine. Del coraggio nel denunciare le violenze inaudite dello squadrismo in camicia nera. Della grande competenza, alimentata da uno studio incessante. Della precisione tagliente nei dibattiti alla Camera. Dell'audacia nell'irridere le sparate propagandistiche del dittatore. Della fiducia incrollabile nei principi dello Stato di diritto e nei fondamenti della democrazia parlamentare. Sostanzialmente sconosciuta è, invece, la dedizione di Matteotti alla questione tributaria, che pure è stata centrale nella sua azione politica, basata sulla funzione redistribu tiva dell'imposizione a fini di giustizia sociale. Sono in pochi a saperlo, eppure Matteotti si è dedicato intensamente a una materia che anche al suo tempo era oggetto di iniziative demagogiche e frammentarie, alle quali lui ha contrapposto proposte rigorose e moderne.
- Categoria: Uncategorised
L'eroica resistenza degli altamurani al cardinale Ruffo
di Giuseppe Dambrosio
Il 10 maggio 1799 si concludeva l'esperienza della Repubblica altamurana iniziata il 1 gennaio dello stesso anno che aveva coinvolto una intera città di ben 17.000 abitanti. Tutte le classi sociali avevano dato il loro contributo alla costruzione di un modello di governo cittadino che si ispirava agli ideali della rivoluzione francese: la piccola borghesia molto attiva, i bracciali (i braccianti attuali) che versavano in condizioni di vita dignitose, il ceto medio (massari, bonatenenti, professionisti), la nobiltà altamurana non assenteista e dedita al commercio di cereali che prendevano la via di Napoli, il clero che si era schierato per la Repubblica. Altrettanto determinante fu l'entusiasmo degli studenti della fiorente Università degli Studi che, insieme ai loro docenti, di formazione laica, si sono battuti per un' Altamura libera e repubblicana.