a cura di Giuseppe Dambrosio
Setacciando i dati dell’ultimo rapporto dello SVIMEZ 2010 sull’economia del Mezzogiorno, emerge la cupa situazione del sud in seguito alla recessione e la crisi in atto. Un quadro allarmante che non fa presagire nulla di buono. Eccone una sintesi.
Il Pil ha segnato nel Mezzogiorno una riduzione del 4,5%. Da otto anni consecutivi il Sud cresce meno del Centro- Nord, cosa che non è mai successa dal dopoguerra a oggi.
Agricoltura
Nel 2009 il valore aggiunto del settore primario nel suo complesso si è ridotto in valori
correnti dell’11,5% in Italia e del 9% nel Mezzogiorno rispetto al 2008.
Dal 2001 al 2009 il Sud agricolo ha perso 115mila posti di lavoro.
Il Sud è biologico: Il 67% della superficie agricola biologica utilizzata si trova nel
Mezzogiorno, con Sicilia, Basilicata e Puglia in testa.
Industria
L’intensità della crisi si è fatta sentire ancora di più al Sud, con un crollo del valore
aggiunto industriale nel 2009 del 15,6%. Segno negativo per tutti i prodotti industriali. Giù soprattutto il manifatturiero, che è arrivato nel 2009 al 16,6%.
L’export nel 2009 il manifatturiero del Sud ha perso il 29% contro il 20% del Centro-Nord.
Nel 2009 si sono persi 319mila posti di lavoro al Centro-Nord e 87mila al Sud. In altri
termini, degli occupati persi nel settore dal 2004 al 2009, il 70% è al Sud e l’87% al
Centro-Nord..
Terziario
Per effetto della crisi, per la prima volta dalla fine della guerra, il valore aggiunto del settore dei servizi è calato per due anni consecutivi, segnando nel 2009 – 2,7%. Circa 88mila i posti di lavoro persi nel settore al Sud con punte del -3,9% nel commercio, il doppio che al Centro-Nord(-1,7%), concentrate soprattutto nel lavoro autonomo.
Nel 2009 i dipendenti pubblici al Sud sono stati 58 su mille abitanti, contro il 54 del
Centro-Nord. La percentuale più alta però non è nel Mezzogiorno, ma in Trentino-Alto
Adige e nel Lazio (72%).
Sempre meno incentivi al Mezzogiorno. Nel 2009 sono significativamente calate le
agevolazioni nazionali, gestite cioè dall’Amministrazione centrale: siamo attorno ai 4
miliardi e mezzo. Di questi incentivi circa la metà sono stati destinati al superamento
degli squilibri territoriali, 18 miliardi e 400 milioni.
Il peso delle aree meridionali sul totale degli incentivi, che era di circa il 70% fino al 2006 e attorno al 56% fino al 2008, nel 2009 è drasticamente calato al 34%.
L’andamento dei conti pubblici nel 2009 è stato pesantemente condizionato dagli effetti della crisi economica e finanziaria mondiale. Lo Svimez ha stimato tali riduzioni in 1 miliardo e 963 milioni nel 2008 e in 4miliardi e 284 milioni nel 2009.
A fronte di una maggior pressione fiscale subita dai meridionali, il livello dei servizi al Sud è peggiore.
Si conferma la tendenza alla riduzione della quota di spesa in conto capitale nel Mezzogiorno, attestata al 34,8% dopo che nel 2001 aveva raggiunto il 41,1%: lontano e praticamente irraggiungibile resta l’obiettivo del 45%.
La Pubblica Amministrazione
La qualità dei servizi pubblici al Sud, come giustizia, sanità, istruzione, trasporti, servizi locali, è decisamente inferiore rispetto al resto del Paese.
Le carenze istituzionali pesano in modo considerevole sulla fornitura da parte delle amministrazioni pubbliche di servizi primari, come scuola, sanità e giustizia. Al Sud questo fenomeno è più diffuso.
Attualmente la Pubblica Amministrazione italiana assorbe quasi il 15% dell’occupazione totale. Ma il peso degli occupati nella P.A. è molto più consistente al Sud: 18,8% contro il 12,2% del Centro Nord.
Nella gestione dei rifiuti urbani, le Regioni del Nord sono in linea con l’obiettivo posto per
la raccolta differenziata dei rifiuti, 45,5%, quelle del Centro sono ancora lontane, attestate al
22,9%, quelle meridionali sono ferme ad appena il 14,7%.
Povertà
In base agli ultimi dati disponibili (2007) il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese.
Nemmeno una famiglia su 4 al Sud guadagna più di 3mila euro al mese,
Vivono con meno di 500 euro al mese oltre il 3% delle famiglie meridionali,
Nel 47% delle famiglie meridionali vi è un unico stipendio, addirittura il 54% in Sicilia.
Il rischio resta anche con due stipendi. A rischio povertà a causa di un reddito troppo
basso quasi un meridionale su 3, contro 1 su 10 al Centro-Nord. In valori assoluti, al Sud, si
tratta di 6 milioni 838mila persone,
La povertà morde. Otto famiglie su cento hanno tirato la cinghia rinunciando ad
alimentari necessari (il 12% in Basilicata), il 21% non ha avuto soldi per il
riscaldamento (27,5% in Sicilia) e il 20% per andare dal medico (il 25,3% in Campania
e il 24,8% in Sicilia). Nel 2008 è arrivato con difficoltà a fine mese oltre una famiglia su 4
(25,9%) contro il 13,2% del Centro-Nord. Ben il 44% delle famiglie meridionali, quasi
una famiglia su due, non ha potuto sostenere una spesa imprevista di 750 euro (26% al
Centro-Nord).
Nel 2009 in Italia hanno perso il lavoro per la crisi 380mila persone. Di queste, 194mila al Sud (145mila uomini e 49mila donne). Su 194mila, ben 125mila erano giovani tra i 15 e i 29 anni. attività femminile e giovanile è già bassissimo.
Il lavoro
Mercato del lavoro: il Sud torna indietro di dieci anni.
Nel 2009 il tasso di disoccupazione nazionale è salito al 7,8% rispetto al 6,7% del 2008: 12,5% al Sud, 5,9% al Centro-Nord. I disoccupati sono aumentati più al Centro-Nord (+29,9%) che al Sud (+1,4%). In testa alla non invidiabile classifica, la Sicilia (13,9%), seguita dalla Sardegna (13,3%) e dalla Campania (12,9%). In valori assoluti i disoccupati sono aumentati di 12.500 unità nel Mezzogiorno, di cui 10.400 in Puglia (+6,2%). Nel solo 2009 gli occupati al Sud dai 15 ai 24 anni crollano del -13,2%,
Migrazioni
Nel 2009 114mila persone si sono trasferite dal Sud al Nord, 8mila in meno rispetto al 2008.
Tra il 1990 e il 2009 circa 2 milioni 385mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno.
La vera America, per i meridionali, resta il Centro-Nord, dove si dirigono 9 emigranti su
10. Riguardo alla provenienza, in testa per partenze la Campania (38mila nel 2007), seguita
da Sicilia (26.200) e Puglia (21.300).
La crisi ha colpito duro i pendolari, generalmente giovani, laureati e precari. Nel 2009 sono
stati 147mila, in calo del 14,8% rispetto al 2008, pari a 26mila unità. Oltre 60mila sono
campani, 36.500 i pugliesi, 35mila i siciliani. A seguire, abruzzesi (19mila), calabresi
(16.800), lucani (14mila) e molisani (8.300).
È un’emigrazione diversa dagli anni 60: il trolley e il pc al posto della valigia di cartone, molti
con la laurea in tasca, e moltissime donne. I posti di lavoro disponibili nel Mezzogiorno sono
in numero assai inferiore a quello degli occupati; il sistema produttivo arretrato non è in
grado di richiedere e assorbire il personale ad alta qualificazione che sfornano le Università e
non solo.
Sono giovani e con un livello di studio medio-alto: il 75% ha meno di 45 anni e quasi il 50% svolge professioni di livello elevato.
Scuola
Negli anni 2000 il Mezzogiorno ha aumentato di 8 punti il tasso di scolarizzazione superiore, dall’86 al 94%, arrivando a superare il Centro-Nord, stabile al 92%.
I tassi di abbandono scolastico rimangono più alti al Sud: 13 su 100 lasciano dopo il primo
anno di scuola superiore contro il 10 del Centro-Nord. A pesare, le condizioni di degrado
sociale e familiare.
La criminalità
La Mafia Spa è un settore che non conosce crisi. Le organizzazioni criminali, veloci e attente
ad adeguare il proprio core business ai cambiamenti esterni, oltre ad essere radicate nei
territori meridionali d’origine, si vanno sempre più diffondendo in numerose altre regioni
italiane, in cui attuano attività economiche diverse. Quello della presenza mafiosa è l’unico
divario territoriale Sud-Nord che nel tempo si sta colmando.
I beni confiscati – Con la legge 50/2010 è stata istituita l’Agenzia nazionale dei Beni
confiscati alla mafia, con l’obiettivo di superare le criticità nella gestione dei patrimoni
sequestrati e di semplificare le procedure di assegnazione.
Su 8.933 beni immobili confiscati dal 1992 al luglio 2009, i destinati sono 5.407, pari al
60,5% del totale, di cui l’86% agli Enti locali per finalità sociali.
Sul totale, ben 7.559, pari all’83%, si trovano nel Mezzogiorno: il 46% in Sicilia (4.075), il
15% in Campania (1.323), il 14% in Calabria (1.300), l’8% in Puglia (722).
Le aziende confiscate sono, al giugno 2009, 1.185, di cui solo il 32% è stato destinato (388),
con punte del 68% nel Lazio e del 23% in Campania e Calabria. La maggior parte delle
confische in Sicilia (452), seguita da Campania (227) e Lombardia (164). Le difficoltà a cui
vanno incontro le aziende sequestrate sono la scarsa fiducia di cui godono presso gli istituti
bancari e un carico burocratico aggiuntivo.
Dei beni consegnati ai Comuni, il 52% è inutilizzato, per ipoteche, occupazioni abusive,
carenza di risorse per la riconversione.
Green economy
Energia e imprese: un settore che non conosce crisi. Dal 2000 al 2008 la potenza degli
impianti e l’elettricità prodotta con le rinnovabili al Sud è cresciuta in modo
sbalorditivo. Nel periodo in questione la potenza è cresciuta del 108% nel Mezzogiorno e
l’elettricità prodotta del 151%, staccando di 3 e 4 volte il dato nazionale (rispettivamente 31%
e 15%). Quote ancora più grandi a livello regionale: la Sardegna e la Puglia aumentano la
produzione di 5 volte, la Sicilia addirittura di 10. A scoraggiare però l’attrazione di altre
industrie al Sud, locali o multinazionali, è la bassa qualità delle infrastrutture presenti, la rete
elettrica arretrata e le interruzioni di servizio elettrico.
Il caso dell’eolico off shore – A parte la terraferma, le migliori potenzialità di utilizzo
dell’energia eolica vengono dai venti del mare. Il Mediterraneo, e il Mezzogiorno, godono di
condizioni favorevoli soprattutto in Sardegna, Sicilia, Calabria e Puglia, con possibilità per
l’intero Paese di arrivare a raggiungere il 10% della produzione elettrica totale dall’eolico
(terrestre più off shore). Da segnalare il progetto di una centrale nel golfo di Manfredonia, una
nelle acque di Lamezia Terme e un parco eolico al largo del Molise.
Ricerca e sviluppo: Pil, occupati e brevetti – La situazione non è delle migliori: in base agli
ultimi dati disponibili (2007) il Sud spende solo lo 0,87% del Pil in R&S contro l’1,28% del
Centro-Nord, pure distante dal parametro del 3% stabilito dalla “Strategia di Lisbona” per il
2010. Anche la percentuale di occupati nel settore la dice lunga sulla scarsa capacità
innovativa delle imprese meridionali: solo 1,86 ogni 1.000 abitanti contro il 4,4 del Centro-
Nord. Debole anche l’attività brevettuale: solo 11 brevetti registrati per milione di abitanti
contro gli 88 dell’altra ripartizione.
Riguardo alle nuove tecnologie, nel 2009 la banda larga era diffusa nel 78% delle imprese
meridionali, contro l’84% del Centro-Nord; il 49% delle imprese meridionali ha un proprio
sito web, contro il 61% dell’altra ripartizione, mentre gli addetti che usano il pc sono al Sud
solo il 22%, ben 11 punti in meno del Centro-Nord. Anche nella diffusione di internet nelle
famiglie permane una differenza di 7 punti percentuali tra le due ripartizioni: 42% nel
Mezzogiorno, 49% nel Centro-Nord.
Per chi voglia approfondire, consulti il sito http://web.mclink.it/MN8456/rapporto/rapporto_materiali/2010/2010_sintesi_rapporto.pdf