Moda, la Puglia ci prova col distretto
di Alba Di Palo
In rete un settore che dà alla regione il primato nel Mezzogiorno
L’attesa è finita: il distretto della moda pugliese è realtà. E lo testimoniano non soltanto le quasi 250 imprese, i sindacati, le associazioni di categoria e gli enti locali che ne fanno parte, ma anche la data di presentazione del progetto - prevista per domattina a Bari - e la definizione della sede, il Palazzo ducale di Martina Franca. Una scelta che Dario Longo, segretario regionale del distretto, spiega così: «A Martina c’è la più alta concentrazione della regione di aziende che producono capispalla, e la città è baricentrica rispetto ai luoghi di produzione». Che sono dislocati in tre aree: il Salento, la zona a Sud-Est di Bari tra le basse Murge e la Valle d’Itria, e la provincia di Barletta - Andria - Trani.
Il distretto della moda, conforme ai contenuti della legge regionale n. 23 del 2007, ha obiettivi chiari: sostenere il settore moda - che conta su 7mila attività produttive e quasi 40mila lavoratori - aiutarlo a superare le barriere locali per raggiungere il traguardo dell'internazionalizzazione. «Il distretto vuole dare voce alle imprese e farsi interprete delle politiche di sviluppo che possono favorirne l’evoluzione», prosegue Longo, barese di 56 anni e con un curriculum che vanta anche la carica di segretario generale di Confartigianato Puglia. E aggiunge: «Il settore moda andava razionalizzato perché le imprese, negli anni, sono state sempre molto lontane fra di loro; distanza che ha penalizzato il "made in Puglia"».
A causa della mancata aggregazione imprenditoriale, il settore ha sofferto molto della congiuntura economica negativa sia dal punto di vista occupazionale - la perdita di posti di lavoro è stata alta nell'ultimo biennio -, sia in termini di fatturato. «È arrivato il momento di trasformare la crisi in opportunità e valorizzare la produzione pugliese della moda», dichiara Longo fiducioso nelle oltre 240 pagine, formalmente approvate nel luglio scorso, che sintetizzano la mission del distretto. E che rappresentano il primo atto costitutivo del progetto distrettuale nato due anni fa. «È la nostra costituzione», sorride Longo e subito specifica: «Lì ci sono tutte le indicazioni per mantenere in vita il settore». Ma a chi si rivolgono i suggerimenti elaborati? «In primo luogo alla Regione che ha sostenuto l’istituzione dei distretti produttivi e più in generale agli Enti che possono sostenere la moda attraverso il varo di politiche coerenti allo sviluppo delle imprese», risponde Longo.
Del comitato direttivo del distretto fanno parte anche le maggiori associazioni di categoria, le Camere di commercio, i sindacati e rappresentanti degli Enti locali. Il distretto deve riuscire a organizzare e sostenere la domanda di un comparto che «si compone di aziende che hanno una grandezza e un'eco diverse ma che devono trovare un terreno comune su cui confrontarsi», puntualizza Longo. C’è la possibilità che altre imprese attualmente non inserite nel distretto possano aderirvi? «Certo, non siamo mica un club», dice il segretario. Ma quanto costa aggregarsi? «Nulla in termini economici, tanto in idee», conclude Longo.
Corriere del Mezzogiorno 28 novembre 2010