Il Paese che cambia
Sei milioni di italiani vanno all’estero, in crescita i “moderni clandestini”
di Paolo Lambruschi
Quasi il 50% dei giovani che scappano dall’Italia ha meno di 34 anni
L’Italia fuori dall’Italia continua a crescere anche se a ritmo più lento. Un popolo di quasi sei milioni, un decimo circa dei 58,8 milioni di italiani residenti in Italia e sempre più giovane. Dopo il Covid, per gli studiosi è iniziata una nuova fase della mobilità italiana con il ritor- no consistente delle migrazioni interne. Lo afferma il Rapporto italiani nel mondo (Rim) 2023 della Fondazione Migrantes della Cei, curato da Delfina Licata, presentato ieri a Roma.
Lo studio prende in esame i dati del 2022, anno in cui i movimenti migratori esterni ufficiali sono calati del 2% mentre quelli interni (1 milione 484mila) sono tornati a crescere del 4% rispetto al 2021.
In Italia la direttrice è quella classica Sud-Nord con le regioni settentrionali sempre attrattive - soprattutto Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia – e quelle meridionali che si spopolano, ma la mobilità italiana e internazionale si conferma complessa.
Le novità. Il calo delle partenze per l’estero è apparente. Se prima del Covid le iscrizioni all’Anagrafe italiana residenti all’estero (Aire) in un anno arrivavano anche a 260mila, e più della metà erano per espatrio, da gennaio a dicembre 2022 sono partiti dalle 107 province d’Italia e si sono iscritti all’Aire per espatrio 82.014 italiani (-2,1% rispetto all’anno precedente). Ci sono poi ritardi nelle ripartenze e molti emigranti per lavoro continuano a tenere un piede anche in Italia non ottemperando all’obbligo di iscrizione all’Aire. Aumentano insomma i “moderni clandestini”.
L’Italia all’estero ringiovanisce costantemente. Il 67% degli espatriati nel 2022 aveva tra i 18 e i 49 anni. E il 23,2% (oltre 1,3 milioni) degli iscritti all’Anagrafe italiana per i residenti all’estero ha tra i 35 e i 49 anni, un quinto (più di 1,2 milioni) tra i 18 e i 34. In prevalenza il livello di istruzione è medio-alto (circa il 58% ha almeno il diploma).
Cosa li spinge a partire? Ben 1,7 milioni di giovani italiani non studiano né lavorano e il confronto salariale con l’Europa è impietoso i tedeschi guadagnano in media circa 8 mila euro in più all’anno. “La mobilità – si legge nello studio - non è più sfuggire da situazioni di fragilità economica e occupazionale, è desiderio di rivalsa e crescita. Questo bisogno lo si trova nelle aree metropolitane medio-grandi quanto nelle città medio-piccole. Essa accompagna chi vive nelle aree depresse e chi risiede in zone ricche del nostro Paese.”
E a voler cogliere queste rivincite sono sempre più donne, il 48,2% dei 6 milioni di italiani all’estero. La presenza femminile dal 2006 ad oggi è raddoppiata e per il Rim non siamo più davanti a una “donna migrante spinta al trasferimento per ricongiungersi agli uomini”, bensì “una donna moderna e dinamica, motivata anche dalla prospettiva di una vita indipendente, di un maggior benessere economico e di una carriera più gratificante”.
Punti fermi. In prevalenza (il 46,5%) gli italiani residenti all’estero sono di origine me- ridionale, il 37,8% settentrionali e il 15,8% del centro. Le comunità italiane più numerose si trovano in Argentina (oltre 921 mila iscritti, il 15,5% del totale), Germania (oltre 822mila, il 13,9%), Svizzera (oltre 639mila, il 10,8). Seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.
Quasi il 50% dei giovani che scappano dall’Italia ha meno di 34 anni
La Sicilia è sempre la regione d’origine della comunità migrante più numerosa (oltre 815 mila). Seguono – sopra le 500 mila unità – Lombardia, Campania Veneto e Lazio. Il 53,9% (44.210) di chi ha lasciato l’Italia per espatrio da gennaio a dicembre 2022 lo ha fatto partendo dal nord, il 30,2% (24.729) dal Mezzogiorno e il 15,9% (13.075) dal Centro. Lombardia e Veneto sono, ancora una volta, le regioni da cui oggi si parte di più. L’Europa che ha accolto il 75,3% degli espatriati nel 2022 è la destinazione preferita, in particolare Regno Unito (16,4%, ma in calo post Brexit), Germania (13,8), Francia (10,49 e Svizzera (9,1).
Il 17%, invece, ha scelto il continente americano (il 10,5% in America Latina) e il 7,4% si è distribuito nel resto del mondo.
Rimpatri, fenomeno in controtendenza. Sono ritornati in patria 443mila connazionali nel decennio 2012-2021. Numero più che raddoppiato, ma insufficiente per compensare la perdita di popolazione. Due italiani su cinque rientrano da un paese dell’Ue, uno su cinque dall’America Latina. Plausibile che a rientrare in patria siano le generazioni successive ai nostri antenati emigrati. La Lombardia attrae ancora il maggior numero di lavoratori provenienti dall’estero, con una percentuale stimata per il 2023 pari a circa il 42% dei sog- getti rientrati. Ma prosegue l’aumento relativo della quota dei rientri nelle regioni meridionali che hanno previsto agevolazioni fiscali potenziate per i lavoratori, diventate la meta preferita anche da chi sfrutta la modalità di lavoro da remoto per tornare a vivere nella regione d’origine. Proprio rimpatri e smart working giovanile, secondo la Migrantes, possono essere, se supportati da un impianto legislativo ad hoc, una forma efficace di ripopolamento delle aree interne, favorendo anche la resistenza dei giovani.
«È questo lo smart working di cui oggi l’Italia - conclude la Migrantes - ha bisogno, quello che diventa valore aggiunto e beneficio per molti fuorisede del Sud, per i tantissimi pendolari di media-lunga per correnza, ma anche per gli stessi protagonisti della recente mobilità». Un modo per garantire anche agli italiani il diritto di partire e quello di restare nella propria terra.
Avvenire, 9 novembre 2023