I
l bilancio del 1921, messo a punto dall’amministrazione Fiore, consentì al Comune di voltare pagina nel modo di gestire la cosa pubblica.
La riqualificazione delle spese e l’aumento delle entrate permisero il raggiungimento del pareggio del bilancio e la riduzione del disavanzo di amministrazione. Il maggior gettito delle entrate giunse con l’innalzamento dei fitti delle rendite patrimoniali del Comune, dalla vendita di spazzatura, con l’elevamento della tassa sulla famiglia, sul bestiame e della sovrimposta comunale. La lotta contro la disoccupazione fu l’assillo immediato da affrontare e fu combattuta con l’espletamento di opere pubbliche affidate alle cooperative per la costruzione delle strade vicinali, per il completamento degli edifici scolastici, del Palazzo di Città, del Palazzo Cagnazzi e del macello. Si puntò, inoltre, al miglioramento dei servizi: nettezza urbana, linee elettriche e telefoniche, una nuova scuola popolare professionale di disegno; costruzione di cordoni, banchine, sottobanchine, acquisto di materiale didattico per le scuole elementari, sussidi straordinari per le Opere pie che versavano in cattive condizioni.
Per dare impulso all’agricoltura, Tommaso Fiore si occupò del problema dell’irrigazione.
Fiore ebbe molto a cuore la questione delle case popolari che tentò di risolvere ispirandosi al modello inglese, allora imperante, della “città giardino”.
L’amministrazione Fiore tenne in debito conto le istanze provenienti dal mondo del lavoro e dei disoccupati. Invitò i facoltosi a corrispondere salari più confacenti alle nuove esigenze di vita e a ridurre l’orario di lavoro (nel marzo del ’20 era stato sottoscritto l’accordo tra lavoratori e conduttori d’opera sulle otto ore). Nel bilancio del 1922 si stabilì definitivamente che la pubblica amministrazione doveva intervenire a favore degli operai senza lavoro e del proprio personale, assicurando gli indispensabili aumenti di salario e l’assicurazione contro gli infortuni.