Poesia, diritti, lavoro, verità: il “Mondo Nuovo”di Dolci
di Sandra Amurri
Nella foto, Danilo Dolci e Peppino Impastato
Al Borgo di Dio, sulla collina che si affaccia al mare di Trappeto, fondato nel 1952 dall'educatore, sociologo, attivista della nonviolenza, il triestino Danilo Dolci, dopo 18 anni di degrado e abbandono, i fiori sono tornati a sbocciare. Un sogno quanto mai necessario in questo tempo di assenza di idealità e umanità, per tenere accesa la fiammella della speranza. Oggi, qui a Borgo di Dio è una giornata speciale.
Si sta svolgendo la manifestazione “Un Futuro mai visto” per i 10 anni della Fondazione Con Il Sud. Altri appuntamenti si sono svolti e, si svolgeranno, in diverse città dedicate a Franco Basaglia, Danilo Dolci, Lorenzo Milani, Adriano Olivetti, Renata Fonte, l'assessore al Comune di Nardò che si batteva contro la lottizzazione e la speculazione edilizia del Parco naturale di Porto Selvaggio, assassinata sotto casa.
Aveva 27 anni Danilo Dolci, quando arrivò nel poverissimo villaggio di contadini e pescatori che era Trappeto. Per otto giorni digiunò nella casa di Giustina e Mimmo, che avevano perduto il loro bimbo morto per fame. Sciopero a cui seguirà quello collettivo sulla spiaggia di San Cataldo contro la pesca fuorilegge. Poi il carcere per occupazione abusiva di suolo pubblico per aver ristrutturato con i disoccupati una trazzena a Partinico. Il processo che si svolgerà a Palermo vedrà scendere in campo al suo fianco i maggiori intellettuali italiani da Moravia, Fellini, Silone al filosofo Aldo Capitini e intellettuali stranieri come Sartre, Mauriac e gli economisti Sylos Labini e Gunnar Myrdal. A testimoniare a favore di Danilo Dolci sfileranno Carlo Levi, Elio Vittorini, Lucio Lombardo Radice. Viene anche processato per direttissima per aver svelato pubblicamente alcuni rapporti tra mafia e politica. E riceve il primo riconoscimento internazionale, il premio Lenin per la Pace. Organizza la marcia, 200 km per “Un Mondo Nuovo”. A Partinico fonda “Poveri Cristi”, la prima radio libera contro lo stallo del dopo terremoto del Belice. A cui seguirà la nascita del centro educativo Mirto, sperimentazione della Maieutica Reciproca a cui partecipano 90 bimbi che verrà riconosciuta scuola statale.
Un anno prima di morire di morire Danilo Dolci riceve a Bologna la laurea honoris causa in Scienze dell’educazione. La sua convinzione era che il vero cambiamento non sarebbe mai scaturito da “verità preconfezionate” ma dal “coinvolgimento e dalla partecipazione diretta degli interessati”. Le risorse per il cambiamento in Sicilia come nel resto del mondo, diceva, “esistono e vanno ricercate ed evocate nelle persone stesse”. L’impegno educativo come “elemento necessario per creare una società civile più attiva e responsabile”. Amico, il figlio di Danilo Dolci, presidente del Centro per lo Sviluppo Creativo, spiega che suo padre “ha sperimentato un metodo. Oggi, come allora, qui chiediamo a ciascuno, ai pescatori, ai contadini, qual è il miglior modo di interpretare questa terra”.
È appena terminata la proiezione del film “Segreti di Stato” sulla strage di Portella della Ginestra, che nel 2003 – quando fu presentato al festival di Venezia – scioccò l’opinione pubblica che quelle verità non le conosceva e la politica che quelle verità non le tollerava, e che da allora è praticamente caduto ne ll’oblio. “Ho fatto mia la raccomandazione di Danilo che aveva lavorato alla ricostruzione di quella strage, di rendere semplice una vicenda complessa. Se ci sono riuscito è soprattutto grazie a mia moglie” spiega il regista Paolo Benvenuti. È stata, infatti, Paola Barone a ricostruire con rigore e capacità il puzzle dopo aver visionato oltre 20mila documenti. Segue il racconto dei tanti ostacoli all’uscita del film e alla programmazione nelle sale. “Quel regista deve avere tanta fantasia ”fu il commento di Andreotti. E Totò Cuffaro, quando il film uscì a Palermo, sferrò un duro attacco.
Una bimba dentro un lungo abito bianco decorato da greche colorate, i capelli, neri come la sua pelle, raccolti in una miriade di treccine, con passo regale, va verso un signore alto con gli occhi azzurri che tiene in braccio una bimba. Il suo nome è Amanda. Ha 5 anni. La sorellina si chiama Vanessa. “Sono le nipotine di Danilo, loro sono ‘Un Mondo Nuovo’ quel lo che evocava papà”. Chi parla è Sereno, uno dei figli dell’educatore che ha insegnato la nonviolenza. Vive a Stoccolma, dove lavora in una struttura psichiatrica. Per L’Or a di Palermo ha scritto reportage da vari paesi d’Europa e del Mondo pubblicati nel volume “Verso un mondo nuovo”. Fedele al nome che porta parla lentamente, sceglie parole forti e decise per condannare l’omofobia, la spregiudicatezza dei sostenitori del “fuori gli immigrati da casa nostra” e parole dolci ma non giustificatorie per denunciare l’assenza della sinistra sul cammino della costruzione di quel "Mondo Nuovo”. Sereno, Chiara, Loredana, Amico, Libera, Cielo sono i figli di Danilo, nomi di quell’utopia realistica che ha animato la sua vita. “Per anni mi sono chiesta, continuo a farlo, la ragione di questo nome: libera di fare cosa?” racconta Libera, educatrice, la primogenita nata a Trappeto che vive a Terrasini.
Quando il 30 dicembre 1997 suo padre morì lei aveva 43 anni e per molti, tanti anni ha desiderato, come gli altri fratelli, di veder rivivere questo luogo magico, che era come restituire un cuore a quel padre che il cuore lo aveva condiviso con l’umanità sofferente, bisognosa di verità e giustizia sociale. Gli ospiti vengono accompagnati in contrada Mirto a visitare la scuola. Alla diga sul fiume Jato costruita dopo 9 giorni di manifestazioni organizzate da Dolci, quando a Partinico, su 330 famiglie, 319 non avevano acqua in casa e i campi non venivano irrigati. La diga, con il Consorzio democratico che ne gestiva l’acqua, è divenuta uno dei simboli della battaglia per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione della Sicilia occidentale e dell’impegno contro l’influenza mafiosa sul territorio. “Acqua lavoro, la diga sbarrò la strada alla mafia”. Era lo slogan che sintetizzava il “ruolo educativo nel favorire la presa di coscienza e l’assunzione di responsabilità nella gente locale” scrive Franco Alasia, storico collaboratore di Dolci. Il cammino è ancora lungo per restituire il Borgo di Dio al suo pieno splendore. Ma le gambe non sono stanche.
Il Fatto Quotidiano, 20.giugno 2016