“E forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”
di Giuseppe Dambrosio
Il 20 agosto di 220 anni fa accaduto impiccata in piazza Mercato a Napoli Eleonora Pimentel de Fonseca, l'eroina della Rivoluzione Napoletana.
Di origini portoghesi ma nata a Roma il 13 gennaio 1752, fu fine intellettuale, giornalista, poetessa e politica. Eleonora Pimentel Fonseca è ancora oggi una delle figure storiche più affascinanti di sempre.
Ne hanno tratteggiato la vicenda dell'insuperabile romanzo di Enzo Striano “Il resto di niente”, pubblicato alla fine degli anni Ottanta e il film, dallo stesso titolo, di Antonella De Lillo, affascinante e colto che ci restituisce il quadro di un ' epoca di fortissimo cambiamento.
Intrattiene rapporti epistolari con Pietro Metastasio e con Voltaire, parte dell'Accademia dei Filateti e dell'Arcadia.
Nel 1778 sposa l'ufficiale Pasquale Tria de Solis che lascerà sei anni dopo. Pian piano dedica il suo tempo agli studi di diritto e di economia, iniziando a maturare l'idea che un'alternativa alla monarchia fosse possibile.
Accresce sempre di più in lei l'interesse per la politica tanto da abbracciare e sostenere attivamente le idee repubblicane e giacobine. Per il suo attivismo politico viene arrestato nell'ottobre del 1798, ma, quando i francesi entrano a Napoli, riconquista la libertà tre mesi dopo.
Durante la breve ma esaltante esperienza della Rivoluzione Napoletana, Eleonora svolge un intenso e importante ruolo politico e diventa redattrice de "Il Monitore Napoletano", sostituendo Carl Lauberg (diventato presidente del governo provvisorio il 25 gennaio) alla direzione del giornale. Pubblica tutti gli atti del governo repubblicano ma anche nota personali sui mali dell'epoca, ponendosi il problema di come educare il popolo al nuovo modo di governare, usare il dialetto napoletano. L'esperienza durò poco dal 2 febbraio all'8 giugno del 1799. Il primo numero si apre con un messaggio di esultanza: “Siam liberi in fine, ed è associato anche a noi il giorno, in cui abbiamo registrato i sacri nomi di libertà e uguaglianza, ed è annunciato alla repubblica Madre come suoi degni figliuoli; a 'popoli liberi d'Italia ed Europa, come loro degni confratelli ”.
Ma la restaurazione borbonica non tarda e l'uso combinato del cardinale Ruffo e di Horatio Nelson, il primo per terra e l'altro per mare, costringono i francesi ad abbandonare Napoli. I repubblicani tentano di resistere ma, per la sproporzione delle forze in campo, sono costretti ad arrendersi dopo qualche giorno chiedendo l'incolumità per tutti. Ma i termini stabiliti non vengono rispettati e Horatio Nelson consegna a Ferdinando IV i capi della Rivoluzione. Fu un vero massacro, migliaia furono gli arrestati e molte centinaia i giustiziati.
La marchesa Pimentel, processata dalla giunta di Stato, viene condannata a morte: muore per ultima, impiccata, dopo il principe Giuliano Colonna, l'avvocato Vincenzo Lupo, il vescovo Michele Natale, il sacerdote Nicola Pacifico, i banchieri Antonio e Domenico Piatti e Gennaro Serra di Cassano il 20 agosto 1799, a Napoli, a soli 47 anni. Inutilmente, la donna aveva chiesto di morire per decapitazione anziché essere impiccata: la scure era considerata una fine più dignitosa per un nobile, ma ad Eleonora Pimentel Fonseca, straniera, non venne concessa.
In quegli stessi giorni sono giustiziati, tra gli altri, il giurista Francesco Conforti, il colonnello Gabriele Manthoné, il docente universitario e scienziato Domenico Cirillo, gli scrittori Vincenzo Russo e Mario Pagano, Ignazio Ciaia, Ettore Carafa, Giuseppe Logoteta. Benedetto Croce li definì " il fiore dell'intelligenza meridionale ".
Vincenzo Cuoco Così Ricorda Gli ultimi istanti di Eleonora: “Prima di avviarsi al patibolo volle bere il Suo caffè, e sorgendo Dalla sua sedia Le citare parole Furono: Forsan haec olim meminisse juvabit” ( “E forse un giorno gioverà Ricordare tutto this”) .